domenica 24 agosto 2008

Una barbarie moderna: la ricostruzione delle unghie.

Noi donne non siamo mai sazie di torture.
Non ci accontentiamo mai.
Non bastava la depilazione delle sopracciglia, pratica dolorosissima messa in atto da estetiste prive di scrupoli, non bastava la ceretta completa della zona bikini,che fa tracimare il Tigri lacrimatorio durante lo sbarbamento del bulbo pilifero (e dell'Eufrate in fase di ricrescita del pelo, vogliamo parlarne?), i dolori del parto, lo strizzamento dei brufoli e i bigodini alle ciglia. Ci siamo fatte rinchiudere in confezioni di plastica ozonizzata per dimagrire, piazzare su pedane vibranti a far traballare le cicce a ritmo vorticoso, massacrare da massaggi rassodanti, e adesso pure questa.
Sto parlando della ricostruzione delle unghie, pratica ormai diffusissima che rende l'autostima delle mangiatrici delle suddette direttamente proporzionale al loro spessore ungulare.
L'unghia ricostruita è ormai una realtà. Se non ce l'hai, sei una sciattona.
Il processo di ricostruzione dell'unghia è fastidioso come subire lo schiacciamento delle vertebre da parte di una garrota ben oliata.
Prenoti la seduta e in men che non si dica ti ritrovi di fronte ad una signorina vestita con una tunichetta bianca, che ti scartavetra le unghie su tutta la loro superficie, compie tutta una serie di riti magici con una limettona da evasione carceraria, ti mette una roba che sa di attack sulle unghie e ti lascia inerme a sedere su un panchetto con le mani in un fornetto simile a quello degli hot dog, ti dice "c'è da aspettare un attimo, tu stai ferma qui e non togliere per nessun motivo le dita da lì sotto" e se ne va scodinzolando a telefonare al fidanzato. E tu rimani lì, con le mani nel forno, e in quei minuti interminabili in cui la resina bicomponente comincia a fare il suo lavoro ti pruderà il naso, ti arriveranno insistenti telefonate da un numero privato e ti scapperà una delle più furibonde ed incontenibili pipì della tua vita.
Quando l'estetista ti chiederà "come le facciamo?", non lasciatevi trarre in inganno dal suo aspetto sorridente, liscio e glamour: avrà in serbo per voi un qualcosa di terrificante, che vi farà pentire amaramente di averle risposto fai tu, ed uscirete con le unghie verde pastello con fiorellini sul dito anulare, oppure arancioni tigrate con qualche tocco glitter.
Ben presto, ci renderemo conto che avere le unghie ricostruite è come essere a metà strada tra la strega Bacheca e la focomelia. In poco tempo, tutto quello che prima era una cosa semplice e spontanea si trasformerà in un'operazione impossibile, al limite del consentito: il cambio pannolino rischia di diventare alla stregua di un'operazione chirurgica con probabile squartamento di culi nani; l'uso della tastiera del computer sarà difficoltoso e produrrà un accompagnamento ritmato simile al ticchettio che producono le zampette di uno yorkshire sul parquet, maneggiare oggetti piccoli per compiere operazioni relativamente semplici quali attaccare un bottone ad una camicia ci riempirà di orrore e di buchini.
Insomma, in men che non si dica, ci si ritrova a doverci concentrare anche solo per tirar su una zip. E che dire della innaturale durezza delle unghie ricostruite? Ma avete visto che razza di spessore raggiungono con un semplice strato di gel? Certi spessori mi fanno venire in mente la zampa dell'alce, o quei prosciutti infiocchettati che vengono esposti nelle salumerie nel periodo natalizio.
Si può tornare allo stato naturale delle cose dopo aver ricostruito le proprie unghie? Mmh, direi di no. E' un processo senza ritorno, o almeno così pare.
Quando decidi di togliere via tutto il posticcio, l'estetista glamour se la lega al dito e si vendica, sapendo che il pellegrinaggio mensile con munifica elargizione di 80 euro a botta sta per terminare.
La procedura è piuttosto semplice, ma per vendetta ti mettono nello stanzino più brutto, quello senza condizionatore, e ti lasciano con le dita immerse in una roba che puzza di diluente al nitro. E dopo che tutta la schifezza si è staccata, ti ritrovi con le dita praticamente senza unghie, se non si considera una sottile pellicola opaca che ricopre la cima del tuo dito. La sensazione è orribile.
Ti sfugge tutto di mano, non hai più presa su niente, e ti sembra di essere nuda.
A quel punto, implorerai la tua estetista di rimetterti tutto l'ambaradàn, perchè così non puoi sopravvivere.
Ritornerai a stringere il volante della tua auto con le unghie ricoperte da un sottile strato di brillantini blu, rimirerai le perline appiccicate al tuo dito anulare e ripeterai a te stessa: questa è l'ultima volta.
Ma qualcosa, dentro di te, ti dice che non sarà così.

E comunque...

Io non sono una brava mamma. Abbandono il Nano coi nonni quando ho voglia di starmene un po' per conto mio, lo lavo solo quando è strettamente necessario, non gli metto neanche abiti stirati perchè ultimamente ho delle grosse pecche dal punto di vista manageriale, lo nutro quando ha fame e non quando si dovrebbe mangiare, lo metto a letto quando ha sonno e non quando si dovrebbe dormire, e in definitiva rispetto poco gli orari. Sono un disastro.
A casa nostra, poi, siamo un po' bestie. Si urla spesso, abbiamo poche regole che quasi nessuno rispetta, ognuno fa il cazzo che vuole (meno che i gatti, loro sì che ci sanno fare), non siamo un cavolo indipendenti ed abbiamo continuamente bisogno l'uno dell'altro anche per la minima sciocchezza.
Insomma, agli occhi di qualcuno questa famiglia potrà sembrare squinternata, ed in definitiva lo è. E poi, abbiamo rinunciato a fare progetti. Gli esempi passati parlano chiaro: se vogliamo perseguire un obiettivo preciso, va sempre a finire che viene fuori tutt'altro. Quando ho provato a fare la marmellata di more è venuta fuori una gelatina, quando ho progettato un maglione per il Gig mi son stufata presto ed è venuto fuori un gilet, quando ho deciso di fare la cucina in una certa maniera -cioè niente piastrelle, ma solo marmo e muretti nudi-, mi sono ritrovata con piastrelle dappertutto e nemmeno un centimetro di marmo, perchè il solaio non reggeva.
Però devo dire che la gelatina di more era comunque commestibile, il gilet del Gig una vera figata e la cucina non è venuta fuori così male.
Insomma, si continua ad andare per tentativi.

Però siamo una famiglia di gente allegra nonostante ciò.
Forse non siamo normali.

Spannolinamento.

Che sensazione meravigliosa, rotolarsi nel lettone con un morbido puppattolo quasi-duenne che dorme beatamente al tuo fianco!
Guardare il sole del mattino che filtra dalle lamelle delle persiane e gli illumina le guance abbronzate, mentre lui respira lievemente stringendo tra le manotte cicciute un lembo di lenzuolo, non ha davvero prezzo.
E mentre sono lì commossa che contemplo tanta bellezza, il cucciolo d'uomo apre un occhio, sorride felice al nuovo giorno e mormora mamma...
... ma un odore intenso di fogna di Calcutta scoperchiata con mille sorci che ci ballano intorno, mi riporta di botto alla cruda realtà:
... mamma cacca!

Amore di mamma dolce, capisco che stai attraversando la fase anale, e che Freud in persona sarebbe fiero di te, capisco anche che tecnicamente è difficile trovare un compromesso tra stimolo e cacca, ma ti sarebbe proprio di tanto disturbo dirlo prima, e non mentre la fai?

Lo spannolinamento non ci sta venendo un granchè bene, direi.

domenica 17 agosto 2008

Grandi missioni nella vita.

De Andrè sosteneva che dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono i fior, e a guardar bene aveva ragione.

I nostri due uomini-spazzatura se ne sono accorti.


Nel lieto campeggino comunale in cui presto quotidianamente i miei servigi, ci sono molte categorie di maschi: ci sono i manutentori, gli uomini delle emergenze, quelli delle pulizie e persino i disinfestatori, e tutti collaborano al mantenimento del bene comune, di buona lena o meno. In un angolino appartato, però, ci sono due omini che confabulano, guidando un ambitissimo porter elettrico carico di buste: sono gli uomini-spazzatura.
I due omini in questione sono ex operai in mobilità. Un tempo facevano un altro lavoro, che con la spazzatura non c'entrava un bel niente. E devo dire che quando sono stati assegnati a tale compito, sbuffavano non poco.
"Ma sei sicura che questi due faranno il loro lavoro?" chiede una Lupina poco convinta alla Direttrice Bellissima, di fronte ai due che ridono tirandosi manate sulla schiena, uniti nel dolore per il compito poco gratificante.
"Vedrai," mi risponde lei, donna di grande esperienza. "La spazzatura all'inizio disgusta, ma ha un suo fascino. Tempo due settimane, e questi due si saranno trasformati in perfetti uomini spazzatura."
E così è stato.
Dopo un'iniziale diffidenza, gli uomini-spazzatura cominciano a prendere confidenza col difficile compito di pulire il campeggio. La spazzatura unisce gli animi: in poco tempo, i due che si guardavano in cagnesco si sono trasformati nei due vecchietti del Muppet Show, quelli che criticano lo show e si sbellicano dalle risa. Passano e ripassano davanti al mio ufficio, carichi di buste azzurre (vetro e plastica), sacchi neri (rifiuto secco), secchiellini marroni (rifiuti umidi), residui di potature e foglie.
"Pronto, Vecchietto del Muppet n°1? Ci sarebbe da andare a dare una mano all'uomo delle pompe di sollevamento, deve svuotare tutti i pozzini, il campeggio altrimenti si allaga."
"Ah, io non posso assolutamente. Devo portare una furgonata di vetro e lattine alla discarica."
"Pronto, Vecchietto del Muppet n°2? Devi andare al palco, c'è un'emergenza: è andata via la corrente, e stasera abbiamo uno spettacolo."
"Non chiederlo a me, io devo andare a scaricare gli ingombranti."
"Pronto, Vecchietti del Muppet? Siamo terremotati, c'è stato un maremoto che ha sommerso l'intero campeggio, siamo in cima al tetto della Direzione e vediamo passare i cadaveri dei campeggiatori. Potete venire ad allertare la protezione civile e a darci una mano a scendere?"
"Ma che state scherzando? Ma noi siamo alla discarica, qualcuno non ha diviso bene la plastica dal secco e abbiamo dovuto disfare tutti i sacchi!"

Insomma, loro hanno una missione onorevole. Loro devono riempire il retro del furgone con composizioni artistiche di sacchi di immondizia sempre più ardite (l'altro giorno hanno riprodotto la piramide del Louvre con i sacchi neri, devo dire piuttosto artistica), e devono trasportarle alla discarica. Loro vivono una realtà parallela. La Direttrice aveva ragione: tempo poche settimane, e la differenziata è diventata legge di natura. Ramazzare le foglie è un compito non rimandabile. Non esiste cosa al mondo che distolga dall'ammucchiare i rami sul pianale del porter.
La gente muore per una misteriosa epidemia alla Cassandra Crossing? Peggio per loro. Gli uomini spazzatura devono ramazzare, incuranti dei cadaveri che gli si schiantano ai piedi. Il campeggio si allaga per un danno idraulico? Tzè, chissenefrega: loro hanno i sacchi azzurri da caricare. Quando sarà il momento, e solo allora, caricheranno le salme gonfie di acqua sul porter, e ricicleranno anche loro. Resta solo il dubbio: andranno negli ingombranti o nel secchiello dell'umido?

Io, dal mio ufficio-acquario dalle vetrose pareti, assisto a tutto questo affannarsi. E non posso esimermi dal porre la fatidica domanda: perchè?
"Perchè mentre rastrelliamo, le donne ci guardano."
Ecco.

venerdì 15 agosto 2008

Novità nane. Una mamma orgogliosa.

Ci sono cose strane, da queste parti.

C'è un Nano che parla. Dice un sacco di cose, alternate a borbottii inarticolati.

C'è un Nano che dorme tutta la notte. Che prende ancora la pippa, ma che si addormenta senza problemi sorridendo. Segno che Estivill e le sue teorie sui disturbi del sonno non sono il Verbo e se ne può tranquillamente fare a meno.

Ma soprattutto, c'è un Nano che mangia. E' finito il tempo degli sputacchi, delle svomitazzate e dei piatti rovesciati in preda a furia omicida: adesso si mangia. Con questi occhi ho visto un Nano entusiasta divorare due etti di pasta al pomodoro (la pappasciutta), una confezione di stracchino di Nonno Nanni (la pappagelllà), un etto di prosciutto cotto (la ciccia) e quattro susine (le suse). E poi ricominciare a mangiare, rubando roba dai piatti altrui.
E tutto ciò nell'ambito dello stesso pasto. Roba da non crederci.

Insomma, certe volte ci facciamo un sacco di problemi, senza renderci conto che in fin dei conti non val la pena intestardirsi se uno non mangia e non dorme.

Adesso, il vero problema è fermarlo.