domenica 30 gennaio 2011

Ikea

Certo che a volte noi Lupini abbiamo veramente dei momenti di vuoto esistenziale.
Oppure mentale, vai a sapere.

E fu così che in una domenica di pioggia, si prese la macchina e si andò all'Ikea.

L'Ikea è un parallelepipedo blu di muratura e metallo prefabbricata, sorto in pochissimo tempo sulla Pianura degli Ipermercati. Un giorno c'era un campo di ceppite ed erbacce, e tu ci passavi accanto in autostrada, e guardandolo dicevi toh, che bel campo di ceppite ed erbacce in mezzo a tutti questi ipermercati, ci sta proprio bene . Poi un giorno arrivano degli omini col caschetto che misurano tutto per benino, poi arrivano le ruspe che ruspano, poi arrivano le betoniere che betonano et voila, in un batter d'occhio sorge come un simpatico fungo svedese allucinogeno l'Ikea, la grande casa nordica dell'arredamento a basso prezzo.

L'Ikea è piena di colori, di attrattiva, di nordico fascino. Proporre l'Ikea ad una famiglia che si annoia mortalmente in una domenica piovosa è come invitarli ad una festa. Evviva!
Si sale in macchina felici, si percorrono 100 km su una superstrada dissestata e costellata di autovelox col cuore gonfio di felicità e di aspettative. L'Ikea! Com'è bella, tutta blu in mezzo alla campagna! Come dà la sensazione di casa!
Poi quando si arriva lì ci si rende conto che tutta la popolazione delle province toscane, data la giornata di pioggia, ha avuto la tua stessa pensata.
E difatti sono tutti lì, accanto a te, in macchina, a cercare parcheggio. E ti guardano MALISSIMO, incastonati nei loro abitacoli, perché l'idea brillante di andare all'Ikea pensavano di averla avuta LORO e NESSUN ALTRO, e allora cosa ci fai anche te lì a rompere i coglioni? Eh?

All'Ikea una delle prime cose che devi imparare a fare è pazientare. Anzi, per l'esattezza, pazientare in fila.
Prima devi pazientare per trovare parcheggio.
Poi devi pazientare per entrare.
Poi devi pazientare per pisciare, che dopo 100 km a cantare la macchina del capo e era una notte d'acqua a catinelle/io me ne andavo senza le bretelle ti si secca la gola e di solito inframmezzi le canzoni con delle gran gozzate d'acqua, che poi da qualche parte deve uscire, e naturalmente in bagno c'è la fila.
Poi devi pazientare per cambiare il pannolino al bimbo piccino, che il fasciatoio è occupato dalle borse di una anziana signora che deve ritoccarsi il rigo di matita marrone intorno alle labbra. Poi devi pazientare per l'ascensore, pazientare per il minipellegrinaggio negli ambienti arredati con le brillanti soluzioni Ikea che comporta una serie interminabile di spintoni, pazientare coi bimbetti che continuano a passarti sui piedi, pazientare per fare 25 minuti di fila per mangiare le tanto decantate swedish meatballs - e poi scoprire che sono nientemeno che POLPETTE, quelle che faceva sempre la tu' nonna quando eri piccino.
Quando hai pazientato abbastanza in queste fasi preliminari, devi pazientare per parlare con un addetto di reparto (perché c'è sempre qualcuno prima di te), pazientare per trovare gli articoli da te annotati nell'oscuro reparto Elimina le code e i costi, serviti da solo! in cui i numeri di scaffale e reparto non sono mai quelli che hai scritto sul fogliolino di carta riciclata con quel cazzo di mozzicone di matita che ti trascinerai in borsa per il resto dei tuoi giorni, a sporcare con la sua squallida grafite tutti i tuoi fazzolettini di carta, coi quali ti soffierai il naso inaugurando la moda del baffo alla Stalin anche per le componenti del sesso femminile.
Poi c'è da pazientare per pagare, perché c'è la cassa per persone con evidenti diverse abilità motorie (io oggi per esempio ero zoppa ma non mi hanno fatto passare), quelle per donne in evidente stato di gravidanza (io oggi per esempio ero anche grassa, ma non mi hanno fatto passare neanche a quella), quelle per chi ha meno di 10 pezzi, quelle per chi ha più di 100 pezzi tutti uguali, quella che accetta tutte le carte di credito meno la tua, quella che accetta solo la tua carta di credito ma non le altre (però guardacaso è chiusa oppure strippa di gente in coda), quella per svedesi e quella con il cassiere figo, che però sbaglia i resti e/o è maleducato e/o non capisce l'italiano, quella per i pezzi grossi ma tu non ne hai, quella per i pezzi piccoli ma tu non hai neanche quelli.
E poi c'è da pazientare perché il tuo accompagnatore (ché all'Ikea GIAMMAI ci si reca soli e derelitti, ma in compagnia della propria famigliuola) ritrovi la macchina nel marasma automobilistico (e guardacaso, se hai una monovolume colo grigio metallizzato, ti accorgerai che ad altri migliaia di capofamiglia è piaciuto quel modello e quel colore) trovi posto davanti alla zona carico e ti venga finalmente a prelevare.

Ecco, questo lasso di tempo ti è solitamente fatale.
Sì, perché quei perfidi scandinavi, grandi conoscitori dell'animo umano, hanno piazzato proprio davanti all'uscita la Bottega Svedese.
Quindi uno ha tutto il tempo, mentre è lì che aspetta Bartali, di farsi un giretto così, per curiosare.

In questo modo scopri che le polpette che hai mangiato due ore prima al piano di sopra sono in vendita in comode confezioni da 4 kg, che puoi comprare il salmone marinato con quella salsa alla senape che ti uccide le papille, che quegli strani dolci colorati di giallo, verde acido e fuxia non sono stati messi fuori legge dalla ASL, ma soprattutto che gli svedesi hanno la fissa dei dolciumi al limite dell'umana comprensione, tipo la liquirizia salata e le caramelle mou allo zenzero e cannella, roba che ti sembra di masticare un profumabiancheria.

E che dire della meraviglia, quando ti accorgi che la cassettiera KANOTTA (pallini sulle A) e il letto UDDARDV (ancora pallini sulla A) non ti stanno in macchina, se non pericolosamente in bilico sui teneri crani dei tuoi pargoli, col rischio della decapitazione alla prima curva?

Beh, l'Ikea è bella.
Ed è bello andarci.

Ma è ancor più bello andare via.