Visualizzazione post con etichetta il giardino lupino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta il giardino lupino. Mostra tutti i post

venerdì 14 maggio 2010

Mondo animale 2.0

"Sai che c'erano delle femmine che mi piacevano?" mi fa presente il Nano, spingendo una macchinina su una doga di legno della panchina su cui siamo seduti.
"Ma dai, Nano, ti sei fidanzato?"
"Noo, sono delle cose femmine col CUSCCCIO, quella cosa che si mette sulla schiena!"
Lupina sgrana gli occhi, il Nano si sente in dovere di puntualizzare.
"Sì, sto parlando delle CHIOCCCCIOLE, quelle belle bavose che ci sono in giardino. Erano CAMMINATE nella mia schiena ma erano anche molto piccole, come dei cannoli."
"Cannoli?"
"Sìììì" risponde il Nano spazientito, "erano piccine, però erano dei CANNOLETTOLI, capitoooo??"
Urgh, mica tanto.
"Aspetta, te le prendo, così le vedi che non capisci nulla. Sono nelle tasche del grembiule del LASILO"
Ed estrae da una tasca queste tre creaturine* qua:


che effettivamente hanno la forma di un cannolo.



Qua si vedono molto meglio:




"Visto come sono belline?"
"Davvero, Nano! Ma sai che non le avevo mai viste? E dimmi un po', come si chiamano?"
Il Nano ci pensa un attimo.
"Si chiamano CACIULLA, FACULLA e MI'."

A questa età sono davvero troppo, troppo surreali.

*qualcuno mi sa dire che tipo di lumache sono? Mai viste prima!

giovedì 7 giugno 2007

Il settimo.

Gridava aiuto da un posto non ben definito, e nessuno era accorso a salvarlo. Gridava già da ieri sera, e mia sorella con mio padre, all'ora di cena, erano andati a fare una ricognizione intorno alla recinzione del giardino, sperando di trovarlo.
Oggi pomeriggio, il Nano, mia sorella ed io, eravamo a cazzeggiare su una panchina del giardino, quando lontano lo sentiamo. E' lui, ci sta chiamando, ma non si sa dove sia.
Io non so che fare, ho il Nano con me, non posso andare in mezzo alla strada: Marghe, pensaci tu.
E la Marghe si butta in mezzo alle piante, con le macchine che le fanno la rasetta alle chiappe, si riempie di ragni e ragnatele, si graffia le mani per cercarlo, ma non lo trova.
Proprio quando decide di desistere, lo vede: è un cosino che sta in una mano, povero affarino spaventato, un mucchietto di ossa stremate dalla fame e dalla paura.
Non si sa come, lo prende. Lo tira su per la collottola, come fanno le mamme, e lo porta al di qua della rete, nel regno di quelli che hanno sempre il piatto pieno, la pastasciutta calda, e che non conoscono ne' fame, ne' paura, ne' abbandono, se non in qualche antica riminescenza giovanile.
Lo porto nell'unico luogo davvero tranquillo di Villa Lupina, il frantoio.
Lì si lascia toccare, ma prima deve riempirsi la pancia. E lo fa, in maniera folle e frenetica.
E' magro, penso che non mangi da un paio di giorni. Non ha più voce, gli occhi cisposi, l'aspetto arruffato. Si lascia lavare senza opporre resistenza, non sembra avere paura. E' solo stanco, e nonostante sia giovane ed inesperto, ha capito che non gli faremo del male.
E' il settimo arrivato, è un maschio.
Non ha nome, per il momento.
Dimenticavo: è un gatto.

giovedì 31 maggio 2007

Crollo, rovina e distruzione nel giardino Lupino

Lui era bello, forse un po' largo di spalle, ma possente e carnoso. Il suo colorito sano, il ritratto della salute. Da anni aveva messo radici là, invitato da mio nonno che come lui, siciliano doc, aveva naso per i tipi interessanti. La primavera era la stagione che preferiva. Lui a maggio rifioriva letteralmente, non sembrava nemmeno che fosse passato l'inverno. Le sue spalle si allargavano al vento di aprile, nel respiro di una stagione felice e piena di sole, di piogge leggere, di cieli stellati.

Lei era magra, ossuta, giovane. Le sue esili caviglie fluttuavano nell'aria, ed il suo essere slanciata sembrava gridare al mondo guardatemi, guardatemi, sono bella, le mie ossa portano dentro di loro una sorpresa arancione che scoppia di luglio. Lei era arrivata chissà come, forse piccolo seme portato dal vento.

Lui era il possente Fico d'India, Opuntia Ficus Indica, lei la Bignonia, Campsis Radicans. Lui scoppiava di fiori gialli già da maggio, lei sorniona aspettava luglio per mostrare la sua grazia arancio. Si conobbero 10 anni fa, e tutti dicevamo che era un amore impossibile, che non avrebbe portato niente di buono. Facevamo di tutto per dividerli, temendo soprattutto per lui, che bruciava d'amore per questa esile, verde presenza. I tutori di legno non erano bastati a condurre lei sulla buona strada: avevano provato a piegarle la chioma, a dare un senso al suo verdeggiare selvaggio. La passione aveva vinto, noi non potevamo farci più nulla, li abbiamo lasciati liberi.
Stamattina, con uno schianto secco, il Fico d'India è crollato a terra. Montava una fioritura straordinaria, mai vista una simile in tutti questi anni. La Bignonia lo ha sopraffatto, avvinto tra centinaia di spire verdi sottili, forse l'amore, forse la gelosia profonda per questo fusto verde, puntuto, hanno dato forza alle sue piccole gemme verdi. Del gigante rimangono solo un cumulo di pale verdi, pericoloso ostacolo nel vialetto tra le due dependences. Domattina verrà un omino tutto fare, e le caricherà su una carriola. Di lui non resta quasi più niente.

Stamattina, dalla finestra della mia camera da letto, mi è sembrato di vedere una presenza antica, curva sulle pale divelte. Forse l'anima verde aveva bisogno di qualcuno che lo trasportasse di là, forse proprio mio nonno ha interrotto per un attimo quello che stava facendo per prendere per mano queta presenza gentile e portarla con se', proprio lui che lì l'aveva piantata.