sabato 22 maggio 2010

Vaneggiamenti di sabato mattina

Il Nano si aggira in cucina brandendo una banana, la usa come telefono.
Sostiene di parlare con un certo PUTZETA.
Sembra un nome azteco, e persino la lingua con cui il Nano parla al telefono sembra azteco.

Alla fine, terminata la conversazione, riattacca il telefono, lo sbuccia e lo mangia.
Glub.

venerdì 14 maggio 2010

Mondo animale 2.0

"Sai che c'erano delle femmine che mi piacevano?" mi fa presente il Nano, spingendo una macchinina su una doga di legno della panchina su cui siamo seduti.
"Ma dai, Nano, ti sei fidanzato?"
"Noo, sono delle cose femmine col CUSCCCIO, quella cosa che si mette sulla schiena!"
Lupina sgrana gli occhi, il Nano si sente in dovere di puntualizzare.
"Sì, sto parlando delle CHIOCCCCIOLE, quelle belle bavose che ci sono in giardino. Erano CAMMINATE nella mia schiena ma erano anche molto piccole, come dei cannoli."
"Cannoli?"
"Sìììì" risponde il Nano spazientito, "erano piccine, però erano dei CANNOLETTOLI, capitoooo??"
Urgh, mica tanto.
"Aspetta, te le prendo, così le vedi che non capisci nulla. Sono nelle tasche del grembiule del LASILO"
Ed estrae da una tasca queste tre creaturine* qua:


che effettivamente hanno la forma di un cannolo.



Qua si vedono molto meglio:




"Visto come sono belline?"
"Davvero, Nano! Ma sai che non le avevo mai viste? E dimmi un po', come si chiamano?"
Il Nano ci pensa un attimo.
"Si chiamano CACIULLA, FACULLA e MI'."

A questa età sono davvero troppo, troppo surreali.

*qualcuno mi sa dire che tipo di lumache sono? Mai viste prima!

mercoledì 12 maggio 2010

Scarpe naniche fru fru.

"Mamma io sono ALLABBIATO con te, perchè mi voglio comprare quelle scarpe lì che te non me le vuoi comprare ma a me mi piacciono che sono belle con tutti i colori."

"Ma di quali scarpe parli, Nano?"

"Quelle CORORATE tutte d'oro che ce le aveva quella bimba con gli occhiali che si chiama Bimba Con Gli Occhi Dentro Gli Occhiali. Quelle che si chiamano CHELLICHELLI!"


Finalmente il mio primogenito ha fatto outing.

mercoledì 5 maggio 2010

La ricetta della felicità: il metodo Galbanino.

Che cosa hanno in comune una donna che sorride beatamente in una cucina in cui un uomo di 36 anni blatera senza sosta, un bambino di 3 anni e mezzo protesta vivacemente ed un neonato ulula alla luna la sua disperazione, ed un formaggio a pasta molle tipo Galbanino?

La crosta.
Ecco, prendete una mamma. Una mamma qualunque, non state lì troppo a scegliere il pelo, pigliate quello che c'è, e mettetela a girare il ragù in un momento della serata particolarmente difficile per tutti, ovvero quello che precede la cena. Prima di cena questa famiglia si trasforma in un manipolo di manigoldi dediti al ratto e al saccheggio del frigo, e soprattutto al disturbo della povera Regina della Casa*, che si ritrova a consolare la disperazione del Blobfish shakerandolo nella fascia, girare il sugo e al contempo spiegare al Nano che no, non si mettono a dormire nel proprio letto i millepiedi raccolti in giardino, e non ci si ricopre tutta la superficie del corpo di lumache bavose, ma soprattutto che non si raccolgono le blatte perchè fanno schifo veramente, e se poi la mamma declina gentilmente l'invito a dare un bacino sull'esoscheletro della orribile bestia e non te la spiaccica al volo con la ciabatta, c'è solo da esser contenti.
E comunque, questa donna che gira il sugo con occhio sognante, osservando l'orizzonte perso tra le colline, dentro di se' ha un segreto.
No, non è incinta un'altra volta, non ne avrebbe avuto modo, pora crista.

Questa donna è semplicemente andata a fare la spesa in un altro supermercato, uno che ha un banco frigo sconfinato che ci potrebbero fare le transenne del Gran Premio del Giappone, ed ha comprato un simpatico formaggio a forma di siluro, tale Galbanino.
Di per se' non ha nulla di eccitante (a parte per qualche ninfomane del mondo caseario, magari la forma), è un semplice suppostone giallo dal sapore ordinario: sappiate che quando lo assaggerete vi renderete conto che sa esattamente di formaggio standard, quello che in tutta Europa esiste in due versioni (ovvero a blocchi, di colore giallo chiaro o giallo scuro a seconda della stagionatura).
Il segreto sta tutto nella copertura, nella crosta: infatti essa è di cera biancastra, quasi trasparente.
Mentre tutta la marmaglia rumoreggia, la Regina della Casa può svicolare un momento dai suoi obblighi e gustarsi una bella fetta del tanto decantato formaggio, staccarne la scorza cerosa e scaldarla un po' tra le mani, dividerla in due pezzi e farne due palline.
Dopodichè cacciarsele nei buchi delle orecchie con un certo vigore, fino a fare della propria testa una scatola a tenuta stagna.
E a quel punto, ricacciarsi nella ressa familiare.

Ed ecco che la lagna del figlioletto treenne si trasforma in un movimento labiale muto, il marito che si lamenta di mille acciacchi quotidiani diventa solo un'esposizione di parti del corpo a cui la povera donna può attribuire il valore che preferisce (io di solito cerco di immaginare il Gig in un balletto stile bluebells, solo con molti più peli sulle puppe), i mugolii insofferenti del piccolo prigioniero della giostrina delle api assassine una dolce ninnananna lituana, la televisione accesa su un telequiz chiassoso diventa un interessante documentario muto sul pessimo gusto nel vestire.

E poi c'è gente che si droga per vedere il mondo da un'altra angolazione.
Qui con due euro di formaggio a pasta semi-molle ce la caviamo alla grande.

sabato 1 maggio 2010

Linguaggio del corpo

Dato che la conquista della koiné dialectos è arrivata finalmente a varcare i confini del Lupinaio, val la pena inaugurare una nuova etichetta che individui la raccolta di perle nanesche che ci vengono elargite con così tanta generosità dal minorenne più grande.
Questa nuova etichetta, o TAG per fare la figa, si chiamerà per l'appunto Perle Nanesche.
Ecco qua la prima.

"La pipì mi sta dicendo QUACCOSA"
"E cosa ti sta dicendo?"
"Che deve uscire!"