lunedì 7 novembre 2011

Mio figlio è un genio

Ed ho le prove.


Oggi, al bar dove facevamo merenda, due signore parlavano di Berlusconi.
Ad un certo punto, il Nano si intromette nella conversazione.

"Berlusconi è uno sporcaccione, lo sapevate?"
Le due signore si voltano, interdette.

"Non si lava nemmeno il sedere dopo che ha fatto la popò".

mercoledì 26 ottobre 2011

Gita

"Allora, Nano, dove ti hanno portato le maestre?
"Mah, era un posto pieno di roba vecchia. C'erano un sacco di piatti e tazze rotte."

Vi abbiamo presentato il Nano e la gita al museo archeologico.

martedì 17 maggio 2011

Inquietudini notturne

E' notte, sul Lupinaio.
La famiglia dorme, ognuno nei suoi lettini (see, magari).

Ad un certo punto, un frullo di coperte ed un tonfo, ed il giovane Nano è lì, sopra la mia testa.
"Mamma?"
"Eeeh"
"Ma io... sono un adulto?"
"No, caro. Sei un bambino. Torna a letto."
"Ah, menomale. Mi stavo preoccupando."
E torna nel suo letto.

Le inquietudini dei giovani non hanno orario.

giovedì 28 aprile 2011

Il camper. Ovvero, come rovinarsi coraggiosamente le vacanze.

C'era una volta una famiglia. E, toccandoci freneticamente le palle, per fortuna c'è ancora.

Questa famiglia pianificò un viaggio in un posto a caso nella Penisola, un viaggio che constava di diverse tappe, e che perciò veniva a costare uno sproposito. Ed era anche una cosa scomoda mettersi lì a cercare alberghetti e b&b, così alla capofamiglia di sesso femminile venne in mente una brillante, fulgida idea: ma perché non si chiede al tu' babbo se ci presta il camper , eh Gig?
Il Gig, dopo una iniziale pausa riflessiva durata giusto il tempo di una seduta in bagno, decise che sì, si poteva fare.

E da qui nasce questa piccola guida al camperismo familiare, che mi pregio di diffondere attraverso le paginucce di questo blog.

Innanzitutto, il camper compratelo. Oppure noleggiatelo.
NON fatevelo prestare dal parente di turno, specie se pensionato e con la mania dell'ottimizzazione.
Mio suocero, ovvero Nonno ASL, ce lo aveva ottimizzato davvero splendidamente. Innanzitutto, ci ha gufato per benino al momento della partenza.
"Andate tranquilli, funziona tutto BENISSIMO. In dodici anni che ce l'ho, non ha mai perso un colpo."

Difatti, a Roncobilaccio il motore ha cominciato a fare un rumorino strano.
"O Gigghe, o che c'è un'ambulanza dietro a noi?"
Il Gig osserva con attenzione gli specchietti
"No, non mi pare proprio"
"Ma sì, senti che c'è un fischio... sembra l'effetto doppler dell'ambulanza, una specie di NENINENINENI. Hai presente?"
"In effetti lo sento anch'io. Ma come mai se accelero aumenta di volume?"
E proprio nel mentre eravamo tutti intenti nella discussione, SBONF! il camper si guasta.
Non è che ci lasci a piedi, eh. Diciamo che smette di andare avanti ai 100 all'ora, e si aggiusta placidamente sui 60, regalandoci sonore strombazzate dagli automobilisti dietro di noi, e magnifici scorci di tratto appenninico.

Allora, mio marito è un bravissimo ragazzo nonchè assai piacente e bello, diciamolo. Anche dotato di un certo savuarfér, che non guasta mai e piace tanto alle donne. E' anche un omino che non perde mai la calma, se non in tre occasioni: 1. al volante diventa una bestia: 2. non sopporta dover dare delle notizie spiacevoli a suo padre; 3. diventa idrofobo in presenza di nani che chiedono di continuo ma quando si arriva? non siamo ancora arrivati? perché non si arriva mai? ma dove andiamo? dove siamo diretti?.
Ah, dimenticavo: 4. non sopporta gli spazi angusti e chiusi.

Direi che la vacanza è cominciata in maniera decisamente incoraggiante.
In pratica, abbiamo percorso circa 300 km a 60 all'ora, con un frastuono micidiale nelle orecchie, perché fondamentalmente siamo due cazzoni incapaci.
Per fortuna il Gig ha avuto il lampo di genio di aprire il cofano del motore, e guardarci dentro.
Eh lo so, forse era la prima cosa da fare, ma noi siamo due dementi ed abbiamo cominciato ad aprire gli sportellini, no, qua c'è il cestino del pane, no, qua c'è la caffettiera, no, qua ci sono i tovagliolini di carta...
Alla fine era un tubo staccato.
E' bastato che il Gig lo rinfilasse a forza con quelle sue manone al posto giusto, ed abbiamo ricominciato a viaggiare come le persone normali.
Peccato che eravamo già arrivati, ma vabbè.

Per il camper, dicevo, ci vuole il fisico adatto.
Dopo i primi minuti in cui eravamo fermi ed in procinto di vivere la nostra esperienza da veri camperisti, abbiamo realizzato con terrore la prima, grande verità: il camperista deve essere una persona magra, possibilmente bassa e con un fisico armonioso e flessuoso. E noi invece siamo uno una stanga di quasi due metri, l'altra una ignobile cicciona.
Difatti abbiamo cominciato immediatamente a starci vicendevolmente sul culo.
"Ma stai attenta a dove metti i piedi!"
"Che cazzo vuoi, che sei sempre in mezzo?!"
"E levati un po' dai coglioni!"
"Ma sempre al cesso, sei?"
"Porca puttana che testata che ho preso in questo stracazzo di letto, ma vaffanculo!"
E via dicendo.
Difatti, a distanza di una settimana dal nostro ritorno, il mio primogenito bestemmia ancora come un turco (cosa che prima non faceva), ed il secondogenito unenne stamattina in banca ha detto culo ad una signora.

Un'altra raccomandazione da fare agli aspiranti camperisti è quella di ricordarsi bene dove mette le cose che servono, tipo la roba da mangiare, salvo poi dover far alzare in piedi tutta la famigliola riunita di fronte al desco (che di notte diventa letto singolo ma che è anche credenza), farle smontare tutta una serie di cuscini ad incastro complicatissimi da rimettere insieme, con conseguente giramento vorticoso di palle.
E attenzione: mentre cucinate, dovete preoccuparvi anche di lavare velocissimamente ed anche asciugare le stoviglie e le pentole che non userete più, pena ritrovarvi con il lavello pieno e non saper dove scolare la pasta delle creature, che saranno già affamate ed urlanti. Ben presto realizzerete che i piani di appoggio sono veramente pochi, e che la distrazione può essere fatale alle vostre falangi. Difatti quasi tutti i cassetti si chiudono a molla, con calamita di sicurezza che va a picchiare precisa precisa sulla radice delle unghie, donandovi così un involontario effetto "ricostruzione col gel", o "effetto unghie delle salme di C.S.I." ( e i fanatici della serie sanno esattamente di cosa sto parlando).

Un'altra cosa con cui dovrete fare presto i conti è la Regina delle funzioni corporali. Quella che regola il nostro livello di felicità quotidiano. Ovvero la Cacca.
Se siete dei caconi, buon per voi. Sappiate però che il camper non è come il cesso di casa: esso non ha un tubo che si immette in qualche fognatura e che porta via la cacca e la vergogna lontane da voi. Esso è invece dotato di un serbatoio che si riempirà delle vostre produzioni, e che dovrà essere svuotato manualmente dal maschio di casa.

Eh sì, dal maschio. Perché pare che i vuotatoi nei campeggi siano SEMPRE nel blocco dei bagni degli uomini, quindi tocca a loro. Del resto, le donne devono partorire nel dolore, no? E allora che sarà mai un po' di merda, specie se prodotta dall'intestino dei vostri amati bambini e della vostra dolce mogliettina? Suvvia, indossate i guanti e datevi da fare.
E sapevate che proprio sotto al water chimico c'è un indicatore col livello di merda, che quando diventa rosso vuol dire che non ce ne sta più dentro? Eh?
Nemmeno noi.
Difatti ci siamo ritrovati, di sabato mattina, a dover viaggiare col rischio incombente di pericolosi traboccamenti ad ogni curva.
Inutile dirvi che l'apoteosi della crisi familiare si è raggiunta lì, dove la cacca ha finalmente la sua rivincita, e tenta di sovvertire l'ordine naturale delle cose impadronendosi del vostro habitat naturale, con una specie di golpe scatologico.

Ce ne siamo liberati, finalmente, munendoci di bicchierino di carta ed armandoci di santa pazienza. Mentre i figli, pallidi e silenziosi, ci stavano a guardare.

Un'altra raccomandazione che mi sento di farvi è la seguente: controllate SEMPRE la guarnizione della caffettiera.
Eh già. Perchè mentre noi eravamo amabilmente appollaiati sui nostri seggiolini, in attesa di gustarci un ottimo caffè, essa ha deciso di porre fine alla propria esistenza, esplodendo.
A parte il fatto che ci siamo un po' ustionati, vogliamo parlare del tracollo nervoso del doverlo comunicare a Nonno Asl, che a quel camper ci tiene come alle cose sante? Al Gig è venuta l'alopecia dal nervoso, quando ha visto che il caffè era ormai diventato parte integrante degli arredi del camper, decorando le tendine con fantasiosi ghirigori. E che dire della faccia di Nonno Asl, quando ha verificato la gravità effettiva dell'incidentuccio domestico? Assolutamente senza prezzo.
E comunque, Nonno Asl c'era. Anche se era a casa a mangiarsi le unghie nervosamente, tormentato dal pensiero della cialtroneria della nuora e del figlio sul suo prezioso camper, il suo spirito era con noi.
Anzi, per l'esattezza era dentro al Tom Tom.
Difatti, Nonno Asl ha pensato bene di diventare un'applicazione del Tom Tom, ovvero quella che dice "camper SERVIS nelle vicinanSe.", con un accento piemontese da paura.
Lo so che voi questa voce qua non ce l'avete. Difatti non è di corredo al Tom Tom, non la si può scaricare dal sito, perché ce l'abbiamo solo noi.
Nonno Asl, nelle fredde sere d'inverno, non sapendo che cazzo fare, si è ingegnato ed è riuscito ad inserire la propria voce, recante questo importante avviso al camperista, nel famigerato marchingegno che ti fa sbagliare strada con eccellente regolarità.
(Non per parlarne male, eh, ma questo maledetto coso insisteva affinché attraversassimo il tratto di laguna da Punta Sabbioni a Venezia direttamente col camper, hai voglia tu a spiegarglielo).
Ogni singola volta che facevamo qualche cazzata (tipo quella di lasciare il tappo del wc chimico nel vuotatoio del campeggio, 200 km prima), ci voltavamo istintivamente verso il Tom Tom e ci facevamo il segno della croce, stringendoci l'uno contro l'altra e tremando come foglie. Il processo di ottimizzazione del Tom Tom si è sviluppato in maniera così totalizzante, che il Nano ha cominciato a rivolgersi a lui come se fosse stato davvero il Nonno, "ma come mai il Nonno Roberto non mangia con noi? Ma come fa a stare lì dentro? Come ha fatto ad entrarci? Nonno, mi vedi? Nonno, mi senti?"

Alla fine del viaggio, quando cominciavamo timidamente a prendere confidenza col mezzo e coi suoi spazi, persino la Voce di Nonno Asl ha cominciato a perdere i colpi. Prima è diventata cavernosa come quella di Hal 9000 quando stava per spegnersi definitivamente, alla fine si è trasformata un lungo mugolio indistinto, destinato a disperdersi nell'etere, "cmperrrrrrrrr srrrrrrvis nlleeeee vcnnssssssssssssssrrgghhhh"...
"Mamma, ho paura! Nonno Roberto è morto!" mi ha comunicato il mio sempre ottimista figlioletto.
"Ma no, ma cosa dici, il nonno è a casa con la nonna. Questa è solo la sua voce che dice "camper service nelle vicinanze". E' una voce registrata, non è lui veramente."
Il Nano ha continuato a guardarmi con sospetto, fino almeno a che non ha potuto verificare di persona l'esistenza in vita del suo amato nonno.

Che non vedeva l'ora di riprendersi il suo amato camper ma che non voleva darlo a vedere, e che si è limitato ad un'occhiata finto-distratta al momento della riconsegna (ma che mi ha telefonato due ore dopo per chiedermi dove avevamo messo i cestini della frutta. Cestini della frutta? Glub!).

E noi siamo talmente pazzi e coraggiosi, che stiamo già pianificando la prossima vacanza.
In camper, ovviamente.


Pregate per noi.

martedì 15 febbraio 2011

Ikea, the day (almost) after

Due settimane fa abbiamo affrontato un gran casino e siamo andati all'IKEA.
Pioveva.
La Fiorentina non giocava.

quindi

tutta la provincia di Firenze convergeva verso l'IKEA. Ma di questo, abbiamo già abbondantemente disquisito.

Abbiamo comprato un bellissimo letto sopraelevato per il Nano, con tanto di copertura in stoffa con fantasia di astri e spazio siderale.

Ieri glielo abbiamo montato.

Cioè, IO gliel'ho montato.
E' venuto appositamente mio suocero al mattino, per aiutarmi a montare questo stupendo lettino.

Siccome mio suocero è un uomo tutto d'un pezzo, lui le istruzioni non le guarda. E siccome mio suocero è anche un fottuto superuomista e non tollera che le donne sappiano fare i lavori maschili, mentre io guardavo le istruzioni e riordinavo le viti per affrontare più serenamente il montaggio, con la sua brugolina personale avvitava, avvitava, avvitava dei pezzi a casaccio.

"Guardi che sta facendo un macello" gli comunico (io a mio suocero do del lei)

Mi lancia uno sguardo di disprezzo "Eh ma si capisce benissimo che questo pezzo va qua".



Il risultato finale è stato un letto che non stava in piedi. Aperto su un lato.

I buchi per le viti non combaciavano.

"Questo letto è sbagliato, dovete riportarlo all'IKEA, vi siete fatti gabbare. Lo sapevo che vi fregavano anchevoinondatemairettaseandavatealmobilificiovimontavanotutto. Adesso vado a pranzo e poi nel pomeriggio avrò altri impegni, se avete bisogno chiamate, eh"

Si è cacciato in tasca la sua brugolina personale, ed è scomparso nel nulla.

Io allora mi sono messa lì ed ho smontato tutto, con sottofondo musicale di parolacce.
Ci sono diventata scema.
La cosa peggiore che può capitare ad uno che deve montare un letto IKEA, a parte la perdita della brugola o delle viti, è il dover smontare qualcosa montato male e doverlo rimontare.
C'è veramente da perdere il cervello.
Alla fine, verso sera, ho avuto la meglio sul maledetto trabiccolo, e a furia di menare mazzate, sono riuscita a montarlo.

Quando il Nano è tornato dall'asilo, era tutto un grido di felicità per questo lettino nuovo.
Ha telefonato a tutti per raccontare del suo lettino nuovo, e non vedeva l'ora di andare a letto.
Difatti si è messo il pigiama di corsa, e si è lanciato nel suo lettino tutto felice.
Si è svegliato ancora entusiasta, ha raccontato a tutti i suoi amici del suo bellissimo lettino nuovo, non ha pensato altro per tutto il giorno.
E quando è arrivata la sera, si è coricato tutto contento.
Nel nostro.

domenica 30 gennaio 2011

Ikea

Certo che a volte noi Lupini abbiamo veramente dei momenti di vuoto esistenziale.
Oppure mentale, vai a sapere.

E fu così che in una domenica di pioggia, si prese la macchina e si andò all'Ikea.

L'Ikea è un parallelepipedo blu di muratura e metallo prefabbricata, sorto in pochissimo tempo sulla Pianura degli Ipermercati. Un giorno c'era un campo di ceppite ed erbacce, e tu ci passavi accanto in autostrada, e guardandolo dicevi toh, che bel campo di ceppite ed erbacce in mezzo a tutti questi ipermercati, ci sta proprio bene . Poi un giorno arrivano degli omini col caschetto che misurano tutto per benino, poi arrivano le ruspe che ruspano, poi arrivano le betoniere che betonano et voila, in un batter d'occhio sorge come un simpatico fungo svedese allucinogeno l'Ikea, la grande casa nordica dell'arredamento a basso prezzo.

L'Ikea è piena di colori, di attrattiva, di nordico fascino. Proporre l'Ikea ad una famiglia che si annoia mortalmente in una domenica piovosa è come invitarli ad una festa. Evviva!
Si sale in macchina felici, si percorrono 100 km su una superstrada dissestata e costellata di autovelox col cuore gonfio di felicità e di aspettative. L'Ikea! Com'è bella, tutta blu in mezzo alla campagna! Come dà la sensazione di casa!
Poi quando si arriva lì ci si rende conto che tutta la popolazione delle province toscane, data la giornata di pioggia, ha avuto la tua stessa pensata.
E difatti sono tutti lì, accanto a te, in macchina, a cercare parcheggio. E ti guardano MALISSIMO, incastonati nei loro abitacoli, perché l'idea brillante di andare all'Ikea pensavano di averla avuta LORO e NESSUN ALTRO, e allora cosa ci fai anche te lì a rompere i coglioni? Eh?

All'Ikea una delle prime cose che devi imparare a fare è pazientare. Anzi, per l'esattezza, pazientare in fila.
Prima devi pazientare per trovare parcheggio.
Poi devi pazientare per entrare.
Poi devi pazientare per pisciare, che dopo 100 km a cantare la macchina del capo e era una notte d'acqua a catinelle/io me ne andavo senza le bretelle ti si secca la gola e di solito inframmezzi le canzoni con delle gran gozzate d'acqua, che poi da qualche parte deve uscire, e naturalmente in bagno c'è la fila.
Poi devi pazientare per cambiare il pannolino al bimbo piccino, che il fasciatoio è occupato dalle borse di una anziana signora che deve ritoccarsi il rigo di matita marrone intorno alle labbra. Poi devi pazientare per l'ascensore, pazientare per il minipellegrinaggio negli ambienti arredati con le brillanti soluzioni Ikea che comporta una serie interminabile di spintoni, pazientare coi bimbetti che continuano a passarti sui piedi, pazientare per fare 25 minuti di fila per mangiare le tanto decantate swedish meatballs - e poi scoprire che sono nientemeno che POLPETTE, quelle che faceva sempre la tu' nonna quando eri piccino.
Quando hai pazientato abbastanza in queste fasi preliminari, devi pazientare per parlare con un addetto di reparto (perché c'è sempre qualcuno prima di te), pazientare per trovare gli articoli da te annotati nell'oscuro reparto Elimina le code e i costi, serviti da solo! in cui i numeri di scaffale e reparto non sono mai quelli che hai scritto sul fogliolino di carta riciclata con quel cazzo di mozzicone di matita che ti trascinerai in borsa per il resto dei tuoi giorni, a sporcare con la sua squallida grafite tutti i tuoi fazzolettini di carta, coi quali ti soffierai il naso inaugurando la moda del baffo alla Stalin anche per le componenti del sesso femminile.
Poi c'è da pazientare per pagare, perché c'è la cassa per persone con evidenti diverse abilità motorie (io oggi per esempio ero zoppa ma non mi hanno fatto passare), quelle per donne in evidente stato di gravidanza (io oggi per esempio ero anche grassa, ma non mi hanno fatto passare neanche a quella), quelle per chi ha meno di 10 pezzi, quelle per chi ha più di 100 pezzi tutti uguali, quella che accetta tutte le carte di credito meno la tua, quella che accetta solo la tua carta di credito ma non le altre (però guardacaso è chiusa oppure strippa di gente in coda), quella per svedesi e quella con il cassiere figo, che però sbaglia i resti e/o è maleducato e/o non capisce l'italiano, quella per i pezzi grossi ma tu non ne hai, quella per i pezzi piccoli ma tu non hai neanche quelli.
E poi c'è da pazientare perché il tuo accompagnatore (ché all'Ikea GIAMMAI ci si reca soli e derelitti, ma in compagnia della propria famigliuola) ritrovi la macchina nel marasma automobilistico (e guardacaso, se hai una monovolume colo grigio metallizzato, ti accorgerai che ad altri migliaia di capofamiglia è piaciuto quel modello e quel colore) trovi posto davanti alla zona carico e ti venga finalmente a prelevare.

Ecco, questo lasso di tempo ti è solitamente fatale.
Sì, perché quei perfidi scandinavi, grandi conoscitori dell'animo umano, hanno piazzato proprio davanti all'uscita la Bottega Svedese.
Quindi uno ha tutto il tempo, mentre è lì che aspetta Bartali, di farsi un giretto così, per curiosare.

In questo modo scopri che le polpette che hai mangiato due ore prima al piano di sopra sono in vendita in comode confezioni da 4 kg, che puoi comprare il salmone marinato con quella salsa alla senape che ti uccide le papille, che quegli strani dolci colorati di giallo, verde acido e fuxia non sono stati messi fuori legge dalla ASL, ma soprattutto che gli svedesi hanno la fissa dei dolciumi al limite dell'umana comprensione, tipo la liquirizia salata e le caramelle mou allo zenzero e cannella, roba che ti sembra di masticare un profumabiancheria.

E che dire della meraviglia, quando ti accorgi che la cassettiera KANOTTA (pallini sulle A) e il letto UDDARDV (ancora pallini sulla A) non ti stanno in macchina, se non pericolosamente in bilico sui teneri crani dei tuoi pargoli, col rischio della decapitazione alla prima curva?

Beh, l'Ikea è bella.
Ed è bello andarci.

Ma è ancor più bello andare via.