venerdì 29 febbraio 2008

Se non scrivo questa cosa la sventura si abbatterà su di me.

Un post dedicato all'adorabile amica G, che abita in un condominio dal nome talmente impronunciabile da far impallidire anche il signor Slartibartfast.

Eravamo in viaggio verso il supermercato, e ad un certo punto al Nano viene in mente una certa cosa. "Perchè non facciamo un salto a Cracovia? Tanto siamo di strada" .
"Nano, ma come parli bene stasera! Ma certo che ci andiamo, così si va a trovare G e le bimbe!"
Arriviamo in un attimo davanti ad una casa con il giardino, parcheggiamo ed entriamo dalla porta della cucina.
Guardandola bene, sembra la casa dei miei nonni materni. Salendo i 5 gradini dell'ingresso, ho sempre più la sensazione di esserci già stata.
Mi apre una ragazza dai lunghi capelli biondi.
"G, ma non eri rasata a zero?"
"Sì, lo sono, ma a giorni alterni ci mettiamo la parrucca. Guarda quante ne abbiamo!" e mi mostra un enorme baule pieno di capigliature variopinte, dal quale P e Pp estraggono parrucche colorate e se le mettono in testa.
"Siete fortunati, oggi è il giorno in cui ci mettiamo tutti le parrucche in testa e andiamo a far le sceme nella piazza del paese. Venite anche voi, su, ma bisogna fare presto perchè altrimenti ci scoprono e ce le sequestrano." mi fa G, porgendomi una cofana di capelli neri. Me la metto in testa e mi guardo in uno specchio ovale appeso ad una parete, e mi accorgo di somigliare ad un incrocio tra Amy Winehouse e Moira Orfei. Intanto il Nano si è sistemato in testa un caschetto biondo con frangetta, P e Pp due parrucche azzurre identiche ed i Cani sfoggiano due tagli color carota alla Beatles.
"Oh, no, troppo tardi, sono venuti a prenderci le parrucche! Nascondiamoci." e G mi indica un grande armadio a muro con le pareti trasparenti. Entriamo nell'armadio e ci nascondiamo in mezzo ai vestiti. Nel frattempo, nella casa si sentono dei rumori di persone che rovistano in giro.
P e Pp cominciano a ridere, e cominciano a fare gli scherzi tirando dei biscotti alle persone presenti nella casa. "E io ora che faccio? Dovevo andare a fare la spesa, per cena stasera non abbiamo niente."
"Non ti preoccupare, prendi questi sedani e facci la zuppa, che viene buona"
"Avresti mica anche del latte?"
"No, però ho delle Alpenliebe. Se aspetti cerco bene nell'armadio e te le do, tanto noi non si mangiano."


Per la cronaca, ieri sera mi era venuta voglia di bere qualcosa di alcolico.
Avevo in casa soltanto una bottiglia.
Questi sono i devastanti effetti dell'Amaretto di Torino sull'organismo umano.
Bevetelo responsabilmente.

Discutibili gusti letterari naneschi.

Al Lupinaio siamo ignoranti come capre, però compriamo libri. Fanno molto arredamento, specie adesso che sono ordinati per colore. A volte li leggiamo anche, ma non sempre. A volte ci dimentichiamo che abbiamo un determinato libro, specie i cosiddetti classici della letteratura, e ricompriamo lo stesso titolo in edizione economica. Abbiamo 6 edizioni diverse del Gattopardo, 4 Guerra e pace, 2 Malavoglia in edizione identica. La gente che entra in casa Lupini e vede la nostra libreria di 4 metri x 3, con tutti i libri disposti in duplice fila, si fa l'idea (sbagliata) di avere a che fare con gente di cultura, e ci rispetta subito molto di più. Specie con la gente più ricca di noi (quindi praticamente tutti quelli che hanno un doppio stipendio) adottiamo la tecnica del "ma accomodiamoci nello studio" (Nota di Lupina: lo Studio in realtà è il soggiorno provvisorio, ma guai a chiamarlo col suo nome. Presto avrò un soggiorno vero, il cui accesso sarà interdetto a tutti coloro che non superano il metro e trenta. Quindi, cari Nani e gatti, ci siamo capiti.). A quel punto, gli ospiti presumono di avere a che fare con dei dotti letterati, si sentono molto in soggezione e noi possiamo fare gli sboroni.
Tuttavia, abbiamo anche molti titoli di cui ci vergogniamo profondamente. Libri comprati seguendo un impeto del momento, libri trovati nelle riviste che per una sorta di rispetto cosmico verso la carta stampata ed i poveri alberi abbattuti non abbiamo avuto il coraggio di gettare. Libri che in gran parte ho letto, di cui mi sono pentita.
Il Nano ha l'assurda capacità di individuarli facendoci fare delle pessime figure.
Il Nano ama roba come i saggi di Willi Pasini, la biografia di Bettino Craxi (ma forse sarebbe più corretto definirla apologia), i romanzi di Pinketts (in particolare il vizio dell'agnello, che è pure autografato dall'autore e che credo ci sia stato donato da lui medesimo), la Fata carabina di Pennac*. Sebbene io abbia messo ad altezza nanoide libri impegnati, non si sa come, lui riesce ad individuare sempre i soliti e a portarli in giro per casa. Mai che trascini per casa un libro di Umberto Eco o di Corrado Augias. No, lui gira tronfio con Porci con le ali in mano, roba che i servizi sociali ce lo toglierebbero immediatamente, se solo sapesse leggere. Insomma, tutta questa fatica per mettere a posto una libreria, e lui ci boicotta così dal basso. Oggi, per esempio, voleva che gli leggessi una specie di Harmony di una certa scrittrice di nome Belva Plain. Non so come sia finito nella linea dei libri tendenti al rosso, io non ricordo di averlo mai comprato.
Io per principio non leggo un libro scritto da una che si chiama Belva. Ma che nome è, Belva? Ma via, per piacere. Come può saltare in mente ad un genitore un nome simile? Si saranno informati sui significati del nome nelle varie lingue, prima di affibbiarlo alla figlia?
Leggo sul retro copertina:

Lacerata fra uno sconvolgente segreto le cui radici affondano nel passato e un futuro ricco di promesse accanto all'uomo dei suoi sogni, Jennie decide infine che il richiamo del cuore è più forte del tempo.


Nano, ma che roba leggi?
Dopo le scoregge in pubblico e le smocciolate sui maglioni altrui, ci mancava solo questa per farci sfigurare.


*tuttavia devo ammettere che questi ultimi due non sono malaccio.

giovedì 28 febbraio 2008

Ciclisti

Ciclisti, io vi odio.
Siete brutti, tanto brutti, con quelle tutine e tutti quei culi sudati.

C'era una volta una strada assai trafficata. Era come una piccola striscia di catrame a due corsie, lungo la quale fiorivano ciuffi di finocchiello selvatico e oleandri. Questa strada assai trafficata attraversava tutte le città costiere del centro Italia, tagliandole a metà, e lungo il suo percorso sbocciavano continuamente parcheggi, rotatorie, semafori e inversioni improvvise di marcia, roba da far perdere la pazienza anche a Giobbe. Questa strada si faceva perdonare le manchevolezze urbane e suburbane donando dei panorami mozzafiato, specie al tramonto. Da certi punti, poi, regalava meravigliosi scorci di mare e pineta, da perderci davvero la testa.
Purtroppo, però, questa strada era invasa a tutte le ore del giorno da una categoria di personaggi piuttosto bizzarri: gente che la domenica mattina, invece che andarsene tranquilla a fare i lavoretti in garage oppure a comprare le paste, preferisce inguainarsi in improbabili tutine dai colori sgargianti e scarpe dalla foggia strana, e saltare su un sellino microscopico a farsi venire il varicocele.
Io capisco il fascino selvaggio della bici, e lo condivido pure. E' bello sentire il vento nei capelli, la libertà che dà la bici è davvero unica ed insuperabile. Le cadute e gli sbucciamenti di ginocchia già meno, per non parlare di quando il sellino (sempre troppo piccolo per il mio mega-culone) ti si infila dritto in quel posto, però dai, non sottilizziamo. Però non capisco perchè la categoria ciclisti debba rompere i coglioni a mezzo mondo.
Innanzitutto, il ciclista è un animale prevalentemente di sesso maschile e ama vivere in branchi. Non di rado se ne scorgono nutriti stormi procedere a zig-zag su una provinciale, tutti intenti allo scambio culturale reciproco.
Non si sa come mai, le donne-ciclista siano una minoranza. Almeno io non ne ho mai viste, se non qualche rara fanciulla solitaria in strade di campagna.
Nel mondo della bicicletta avviene una sorta di rovesciamento dei costumi sociali: l'uomo diventa ciarliero, e la donna invece cerca la solitudine. Il maschio ciclista, oltretutto, assume anche un altro costume tipico del gentil sesso: la depilazione dei polpacci. Sarebbe interessante scoprire se il polpaccio femminile risponde a questo rovesciamento generale dei valori, e vedere se la femmina ciclista si lascia crescere fluentemente le pelurie. Data però la scarsità dei soggetti, dubito che questo quesito scientifico avrà mai risposta. E comunque, sebbene gli sgargianti colori facciano pensare all'accoppiamento, pare che il ciclista maschio non si accoppi con la femmina della stessa razza, ma abbia a casa una moglie di razza casalinga, intenta a spadellare manicaretti e a pulire in maniera maniacale la propria tana, ben felice che il compagno se ne stia fuori dai coglioni per un po'.

Insomma, mi piacerebbe scoprire se dietro a questo flagello divino, secondo solo all'invasione delle cavallette, c'è un disegno dell'Assoluto. O forse è solo una prova a cui noi automobilisti dobbiamo sottoporci per chissà quale misterioso motivo.

I ciclisti mi irritano parecchio. Specie quel loro sculettare in salita, che invade la corsia e costringe i miei ritardi a cronicizzarsi. Certe volte sarei tentata di sporgere la mano dal finestrino e assestare qualche sonora pacca su quei culi variopinti.
Anni fa ho avuto a che fare con un ciclista. Tornavo da una incursione bellica alla Lidl, nella quale avevo messo a repentaglio la mia vita per accaparrarmi un'asse da stiro tedesca con la presa incorporata ed il piano che respira, quando in un fosso lungo la strada scorgo un ometto solitario, in livrea da ciclista, con tutte le gambe graffiate dai rovi ed un'espressione piuttosto abbattuta. La bicicletta giaceva rovesciata lungo il bordo della carreggiata, con una ruota tutta storta.
Accosto, scendo dall'auto, faccio salire il malcapitato sanguinante sull'auto e scarico nel fosso l'asse da stiro ipertecnologica che mi occupava tutto l'abitacolo della twingo, con la speranza di ritrovarcela al ritorno. Per tutto il tragitto verso il pronto soccorso ho tormentato il poverino con un pistolotto sulla pericolosità della bicicletta, sugli effetti negativi del sellino e su quanto in definitiva i ciclisti rompano i coglioni al prossimo con i loro branchi di invasati sparsi per le strade. Il pover'uomo taceva, mortificato.
Ma la cosa più bella è stata quando sono entrata nel pronto soccorso, e mi sono accorta che tutti ci guardavano e ridevano a crepapelle.
Il povero ciclista, zoppicante e mortificato, aveva un enorme squarcio nei pantaloni proprio all'altezza del sedere.
E lì ho scoperto che i ciclisti, oltre ad essermi antipatici (e io probabilmente antipatica a loro) non portano neanche le mutande.

Pimp my ruspa

Lo so che adesso le mamme puriste dei giochi unisex e di materiali naturali inorridiranno, ma noi ieri sera al Nano abbiamo comprato la ruspa. E' tutta completamente di plastica. Ma tutta tutta, eh. Io ho un debole per le ruspe. Non capisco più nulla quando ne vedo una, e non so se è per il fatto che ho lavorato nel settore, oppure perchè dentro di me ho una forte componente umarellica.
La ruspa ha una caterva di adesivi. Ieri sera, mentre la montavo, mi stavo appunto chiedendo che faccio? tutti questi adesivi li attacchiamo o no? Alla fine ho ceduto, e adesso la ruspa, che già era pacchiana di suo, sembra l'equivalente di plastica di quelle utilitarie ipertruccate, piene di tribali e di lucine.
Vabbè, almeno questa le lucine non ce le ha, ha solo un timido claxoncino a pressione, una scoreggina che fa quack quack, e anche in questo siamo stati fortunati. In dotazione, ampia gamma di attrezzi e persino il caschetto antinfortunistico.
Stamattina il Nano si è svegliato alle 5.00, ed è da allora che gira per casa con la ruspa. Ha tirato giù un tavolo, due scatoloni e ucciso alcuni giocattoli straziandone i corpi. Persino Stefano, la cabbage patch della mia infanzia, è dovuto soccombere sotto il peso della benna.
Adesso il Nano è qua con il trapano giocattolo in dotazione con la ruspa, che tenta di trapanarmi il divano. Io sono prostrata da una nottata di mocci e starnuti (miei), e non ho la forza di ribellarmi.
Comincio a pentirmi dell'acquisto. Ma molto amaramente.
Se almeno avesse acquisito un po' di disinvoltura alla guida, potrei affittarlo a qualche cantiere come ragazzo-immagine.

Oddio, il debito di sonno mi sta uccidendo.

Mi son pure morte le ciabatte.

martedì 26 febbraio 2008

Il Nano-malanno.

Il Nano-malanno è un morbo terribile, paragonabile soltanto alla peste suina e ad un pericoloso parassita delle viti. Il Nano-malanno non faceva parte della nostra vita, ma adesso c'è e dobbiamo sorbircelo. E come qualche maligno osa insinuare, non è di certo conseguenza di uno strano ricircolo virale che migra dalla punta del capezzolo della Santa Tetta fin giù nell'organismo nanico, ma un qualcosa contratto chissà come. E io non c'entro nulla, sia ben chiaro.
Il Nano di giorno è un nano qualunque. Trascorre la sua giornata giocando con i cani e i gatti, ravanando nel terriccio da rinvasi e portandosi alla bocca frotte di batteri inferociti, guidando il trattore del nonno e familiarizzando con le peggiori schifezze presenti sulla faccia della terra. Questo secondo la Madre dovrebbe bastare per fornirgli un corredo di anticorpi degno del massimo rispetto.
E invece non è così.
Difatti il Nano, allo scoccare dell'ora x, si trasforma in Moccioso Piagnucoloso. E badate bene, il termine moccioso mai fu più veritiero.
Il Nano soffre di un misterioso disturbo notturno, detto anche Raffreddore dal tramonto all'alba. Roba che neanche un genio delle sceneggiature raccapriccianti come Quentin Tarantino si sognerebbe mai.
Verso le sei del pomeriggio, al Nano comincia a scendere una lunga, lenta candela mucosa giù per il viso, e si riempie di caccole. Diventa una creatura ombrosa e scontrosa, con due occhioni lacrimevoli da fare invidia al Gollum. Il Nano comincia a piagnucolare, e comincia a studiare le persone che lo circondano con molta attenzione, fino poi a designare un prescelto. A questo punto, indossa l'espressione facciale più pietosa di cui dispone, e tendendo gli arti superiori si fa prendere in braccio.
"Uh, poverino, ma cos'ha?" si domanda l'ignaro parentado. E non sanno che il Nano, colto d'improvviso dal morbo, non vuole altro che adagiare le sue tenere guanciotte sui maglioni nuovi unicamente per smoccicarli a vita, rendendo tutto molto poco fashion. Il parentado però di solito si lascia commuovere facilmente, non sapendo che le smoccicate del Nano sono composte da un pericoloso idrocarburo in grado di penetrare nel più profondo delle fibre destinando il capo di abbigliamento alla precoce rovina. E così, ci ritroviamo con nonni, bisnonni, cugini e conoscenti segnati a vita dai mocci corrosivi, con un pessimo effetto di rimando sui lasciti testamentari.
Oggi, per esempio, ha smoccicato su un meraviglioso maglioncino misto cachemere della Nonna Ansia, sul quale avevo messo i miei famelici occhi lupini. Ovviamente, adesso che ha le spalline cementificate, mi piace già di meno.
Se riesco a scoprire un antidoto per le terribili emissioni nasali del Moccioso Piagnucolone, è fatta. Chissà quanti bei maglioncini nuovi mi becco.

Ci risiamo.

Per fortuna, stavolta è durata di meno.
Non appena mi viene in mente qualcosa di sensato da scrivere, scrivo.
E' che mi sono disabituata, e poi ho una certa ideina in testa.
Oioia, che inquietudine!

lunedì 18 febbraio 2008

Guasto tecnico

Oltre al Gig, si è guastato anche l'apparato chattatorio. Siamo proprio una chiavica di famiglia.
Torneremo online presto.
Si spera.

martedì 12 febbraio 2008

Ancora ammalato. Nze ne può più.

Il Gig sta sempre peggio, ma ancora non è morto. Ha la febbre di default e suda come un camoscio.
Si aggira testando le imbottiture dei divani e del letto, schiantandocisi sopra e assumendo la classica posizione da moribondo con le mani giunte. Si presume che stia testando le imbottiture per le bare, ma la cosa non è certa, dato che non riesce a proferire verbo. Ogni volta che apre bocca viene squassato da un accesso di tosse, ed ha cominciato ad esprimersi a gesti.
Il Nano se la spassa mettendo in pericolo l'incolumità paterna, seminando in giro pericolosi giocattoli: l'alligatore clack clack, posto dietro ad una colonnetta di cemento,si trasforma in uno spaccamalleoli, e le macchinine di legno diventano skateboards assassini. Il Gig si aggira per casa sconsolato, ricoperto di pile e maglioni, inciampando e bestemmiando interiormente per non perdere l'aplomb.
Il Nano se la ride alla grande. Ho il sospetto che lo faccia apposta.
Quando il babbo tossisce, lui assume un'aria malvagia e lo imita.
Spero che la santa tetta faccia il suo lavoro e lo risparmi da questo strazio.
Per il momento, resistiamo. Confido nel mio sistema immunitario a prova di bacillo e nella Santa Tetta.

lunedì 11 febbraio 2008

Gaffes telefoniche.

Io e mia sorella abbiamo un codice di comunicazione piuttosto sboccato e colorito, talvolta non ci accorgiamo che qualcuno ci ascolta e facciamo delle figure tremende.
L'altro giorno vado a trovare mia sorella in negozio, e la trovo al telefono con l'impiegata della compagnia assicurativa della sua macchina, la quale la mette in attesa per un tempo talmente tendente ad infinito, che la cornetta diventa un prolungamento della sua mano e la musichetta un simpatico rumore di fondo.
Ci mettiamo a parlare del più e del meno.
"Domattina non posso venire."
"No? Come mai?"
"Devo andare dalla veterinaria della (Nota di Lupina: cosa faccio? lo scrivo o non lo scrivo? quali conseguenze avrà sui miei referrers?) topa*."

Si sente dall'altro capo della cornetta una risata sonora.
Abbiamo colto l'occasione per sperimentare tutte le nuances del rosso. Altro che It's Maybellene New York.

* per i non toscani, dicesi topa l'organo riproduttivo femminile rigorosamente non depilato.

domenica 10 febbraio 2008

Lo strazio continua. Post olfattivo.

Il tormento olfattivo del Gig-Straccioman continua. Si aggira per casa con una pettinatura inqualificabile da sopravvissuto postatomico ed una copertina di pile intorno alle spalle, ad annusare. Ha scoperto l'odore di lavanda dei sacchettini profumabiancheria, la treccia d'aglio, il pane della MDP, l'odore vagamente extraterrestre del frigo. Si è inebriato del profumo delicato dei panni puliti, ha storto il naso di fronte all'odore terrificante del cane, ha fatto da cacca-detector coi pannolini del Nano, e tutto questo di fronte ad una Lupina stupita. Ha persino capito che ho cambiato brillantante semplicemente annusando il piatto in cui ha mangiato.
Quest'uomo mi spaventa. Adesso sente persino la cera dei mobili, e se il miracolo del superolfatto durerà qualche altro giorno, riuscirà anche a distinguere il tipo di vernice usata sui mobili.
"Mi si è aperto un nuovo orizzonte. Nuovi odori di cui non sospettavo l'esistenza. Per esempio, sento l'odore di me stesso. Credo di aver capito che non posso sopravvivere se non mi faccio almeno una doccia al giorno."

Dov'è finito l'uomo che ho sposato? Rivoglio il tizio che c'era prima, quello che non aveva cellule nervose nel naso!
Che stress.

La Redazione delle Cronache Lupine ringrazia sentitamente Mamikazen per la nomination, e comunica alla stessa che passerà un suo incaricato in settimana a ritirare il meraviglioso panfilo con accessori in oro zecchino e interni in radica d'ontano, con il quale se la spasserà in allegria per il resto dei suoi giorni, amen. Perchè abbiamo vinto il panfilo, vero?

I poteri radar di Straccioman

Quando Straccioman prende possesso del corpo del Gig, non c'è da stare allegri.

"Questo bagno puzza. "
"Il deodorante che uso ha un odore fortissimo, è davvero tremendo. Non mi ero reso conto che avesse questo fetore."
"Bleaaaghrgh, ma cosa cucinano questi vicini di casa? C'è un terribile odore di broccoli bolliti e frittura, che schifo!" (NdL: i vicini di casa più vicini sono a 800 metri)
"Annusa questo yogurt, sa di piedi."
"In questa casa ci sono odori terrificanti, me ne rendo conto solo adesso. Apri le finestre!"

Il Gig normalmente non sente i sapori e gli odori. Ma quando si trasforma in Straccioman, capta molecole di gorgonzola a distanze siderali.
Ma di solito, quando uno è raffreddato gli odori non li sente, o sbaglio? Come mai Straccioman non li sente di norma, ma quando ha il raffreddore invece sì?
Sarà forse un danno neurologico, oppure mi piglia per il chiul?

sabato 9 febbraio 2008

Allegri malanni in famiglia.

Il Gig è malato. Il Nano è sano.
Io sono mentalmente deviata dalla presenza della macchina del pane nella mia cucina, e siccome l'uscita mi è preclusa, ascoltiamo le canzoni bastarde di Tom Waits e sperimentiamo la meraviglia domestica della panificazione dolciaria.
La macchina del pane è l'invenzione del secolo dopo il calzascarpe ed il doccino orientabile. Ma ci pensate, che tecnologia? Io adesso son qua che scrivo questo post, mentre le dita della macchina del pane stanno massaggiando della pastafrolla, che si trasformerà tra breve in biscotti succulenti con la glassa rosa e azzurra (rosa per le femmine e azzurra per i maschi, rigorosamente glitter). Ho fatto anche i croissant con la marmellata e dei panini con i pezzi di cioccolato fondente. Ma non mi sembrano molto intenzionati a lievitare.
Insomma, giosico e sforno, sforno e gioisco, il Gig è miracolosamente vigile nonostante il coma, ed il Nano suona la chitarra. Sono costretta in casa ma non ne soffro.
Evviva la macchina del pane!

venerdì 8 febbraio 2008

Cumulo informe di panni e fobie.

Oggi è stata una giornata oserei dire interessante.
Siamo stati svegliati dal Nano in vena di conversazioni, il Gig è andato a lavorare con un oscuro presagio di raffreddore, ho portato svariati gatti dal veterinario per il controllino semestrale tra cui una neo-tripode fresca fresca di amputazione (povera Renza!), mi sono data da fare in casa, e tutto ciò sotto l'occhio vigile della più alta catasta di panni mai realizzata da casalinga residente nell'orbe terracqueo.
Ho provato ad ignorarla, passavo davanti a lei con un cencino fingendo di spolverare, ma lei mi teneva sott'occhio, e ad un certo punto una maglia ha levato la sua manica verso di me e mi ha avvinghiata, impedendomi di proseguire oltre.
E allora, a quel punto mi sono dovuta sorbire la ramanzina.
La catasta di panni stranamente parla con la voce di mia madre.
"Cosa aspetti a suddividere i calzini e le mutande? E poi, non sarà l'ora di buttare via questo reggiseno slabbrato, che ormai non regge più nulla? Guarda questi pantaloni da Nano, come sono spiegazzati! Su, tira fuori il ferro e l'asse, e datti da fare."
Erano le due del pomeriggio. Alle sette di sera ero ancora lì.
Il rientro del Gig mi ha sorpresa dietro la Cappella Sistina tessile, che stiravo e stiravo e stiravo, e la roba sembrava non finire più. L'aroma del sapone di marsiglia era ormai diventato l'odore predominante, in grado di coprire anche quello dei cavoli bolliti tipico delle cucine scalcagnate. Dietro la catasta, si vedevano solo due manine, una col ferro e l'altra con il vaporizzatore.
"Lupi, ho una strana sensazione. Ho un pizzicore sul labbro, il mal di schiena, la febbreaquarantadue, un ginocchio valgo e dei linfonodi molto ingrossati. Secondo te è epatite?"

Da dietro la catasta, non mi ero accorta della trasformazione.
Il Supereroe malato, Straccioman, è ancora con noi.

mercoledì 6 febbraio 2008

Peccati lupini

Il Gig esce dalla doccia profumato di Badedas al riso e vaniglia, tutto avvolto nel suo pigiama di pile blu e grigino. Un pigiama molto maschio, altro che quei pigiamini da ragioniere con i polsini sulle caviglie e i disegnini tipo cravatta, roba che mio nonno ne teneva sempre da parte un paio per andare all'ospedale. No, questo pigiama qua è la quintessenza dell'erotismo, una nuvola virile e cazzuta.
Il momento è propizio. Il Nano dorme.
Il Gig, con uno sguardo obliquo carico di ormoni, mi pone la fatidica, virile domanda:

"Che si mangia stasera?"

Io lo abbranco come un'animala, e lo stringo all'angolo.
"Gig, stasera pecchiamo"
"..."
"Tortellini alla panna?"

Eh, quando si è a dieta, questo è davvero il massimo del peccato.

Lupini art-attack.

Oggi mi è preso uno di quegli attacchi che mi pigliano ogni tanto. La volta scorsa, presa da furore panico, ho scaraventato mezza dispensa in mezzo alla stanza e mi son messa lì di buona lena, con un pennellino che sembrava uscito da una scatola di acquerelli per bimbi di seconda elementare, a pitturare di bianco tutta la dispensa.
Stamattina, invece, è stata la volta della camera del Nano. Ho rimosso alcuni quadri e spostato il fasciatoio, poi ho avuto la meravigliosa idea di togliere una sponda dal lettino nanesco, creando così un utile e simpatico divanetto raso terra, su cui il Nano può sbattere ripetutamente il testone. Cosa che in effetti è accaduta quasi immediatamente: il poveretto, abituato a scalare divani e librerie, ha sottovalutato l'altezza di ben 20 cm, e si è lanciato sportivamente di testa, riportando bernoccoli e ferite lacero-contuse guaribili a bacini in una quarantina di minuti.
Poi mi è venuto in mente che potevo fare un'altra cosa: perchè lasciare i meravigliosi acrilici del Lidl a marcire soli ed inutilizzati in un cassetto, quando li si può usare per dipingere qualcosa? E infatti, il bauletto di anonimo legno di balsa può trasformarsi in splendido bauletto di legno di balsa dipinto, e che ci vuole? Basta una pagina di Tuttosport, un pennello, un paio di piatti di plastica e qualche vaga idea della teoria dei colori, ed ecco fatto un bel troiaio: ho dipinto il bauletto a righe azzurro polvere-bianco burro, e l'interno viola cattiveria. In verità l'interno doveva essere qualcosa come fuxia a pois rossi, ma qualcosa nella teoria dei colori primari deve essere andato storto, e dal fuxia che dovevo ottenere mischiando certi colori sono passata ad un romantico marrone cacca, colore tanto caro al Gig. Allora ho rimediato unendo un po' di blu, ma ormai era troppo tardi. E comunque, sta bene anche così.
Ma non paga di tutto ciò, in preda allo spasimo artistico, sono andata a ripescare una vecchia moscaiola (per i non-toscani, dicesi moscaiola un piccolo pensile di legno con i lati di rete, usato per proteggere la frutta e le derrate alimentari dall'attacco delle mosche. Da lì il nome, splendidamente evocativo), e l'ho dipinta con un terrificante color bordeaux. Poi ho deciso che faceva cacare, e l'ho ridipinta di bianco burro. Adesso però il terrificante color bordeaux riaffiora, sto bastardo, ed io ho terminato la vernice.
Ma siccome ora va di moda lo shabby chic e il decapè, ho deciso che va bene anche così. Diventerà un porta-tazzine da caffè, anche se mi dà l'idea che non abbia tanta resistenza.
Purtroppo, il Tuttosport che doveva assolvere il compito di proteggere il tavolo della cucina dagli schizzi di vernice non ha fatto bene il suo lavoro. Quando ho spostato con le dovute cautele il mio nuovo pensile porta-tazzine da caffè, ho scoperto con orrore che ho verniciato mezzo tavolo. E per giunta a cazzo di cane.
Vabbè che è un tavolo schifoso, vabbè che al Mondo Convenienza dove l'abbiamo comprato c'è mancato poco che ce lo tirassero dietro, ma insomma, stava bene col suo colore originale. Cioè marrone-cacca-legnosa.
Qualcosa mi dice che al Gig tutta quest'arte non piacerà.

lunedì 4 febbraio 2008

Tette. E con questo titolo, scommetto che le visite si impennano.

Ed eccoci qua, davanti allo schermo che sberluccica, dopo una lunga poppata sonnolenta.
Certo che la maternità ti cambia proprio tanto, anche fisicamente parlando. Nel mio caso, mi sono cominciata lentamente a trasformare in bovino, per poi sfociare in un ammasso di tette e lardo. C'è stato un periodo in cui davvero mi sono sentita così, solo con i capelli e un po' meno occhiaie, grazie al cielo. Al momento mi sento più così, e onestamente non so dire se sono migliorata o no rispetto a prima. La mia paura è diventare così, e forse ce ne sono le premesse, fatta eccezione per il trucco, dato che io di solito non ne faccio uso. Molto probabilmente diventerò un simpatico mix tra questi tre soggetti, se avessi un programmino di morphing mi piacerebbe davvero tanto vedere cosa ne salta fuori.
Oggi pensavo alle mie tette. Fino a poco tempo fa erano due meloni che sfidavano la legge di gravità, se ne stavano tutto il giorno nell'apposita custodia, e mai mi sarei sognata di esibirle in luoghi inadeguati quali bar, cinema e pizzerie. Eppure sarebbero state da mostrare molto più di adesso.
Quando il processo di lievitazione si è innescato a causa del Nano famelico, sono approdata all'ottava misura, e mi sono spaventata. Ho cominciato a comprare reggiseni su reggiseni, nel timore di ritrovarmi senza. Purtroppo i reggiseni che contengono un'ottava sono molto diversi da quelli che solitamente usa una simpatica sgarzolina dei giorni nostri: sono dei cosi inguardabili, delle armature di cotone grattugione, che donano alle tue protuberanze un'inquietante forma a siluro. Una cosa orrenda. Ed è ancora più orrendo andare in giro con delle delicate magliettine color malva (beh, ho sbagliato una lavatrice. E allora?) con questi due Mark 46 dentro. Ebbene, l'ottava misura, roba che una pornostar spende migliaia di euro per averla, è una scocciatura immane e soprattutto dona alla figura una terrificante aria da Quasimodo.
Insomma, ho avuto di che lamentarmi. Adesso mi sono ridimensionata, ed è lo sfacelo. Innanzitutto i siluri si sono sgonfiati fino ad assumere la consistenza del pan di spagna fradicio, poi si sono abbassati di parecchio rispetto a prima, tanto che potrei dipingerli di nero, infilarmeli comodamente nella cintura ed andare in giro così, come se avessi le bretelle. Oppure, ma solo se la stagione lo consente, potrei girarmele attorno al collo a mo' di sciarpetta, o meglio farle passare sopra le orecchie fino a coprirle, tanto son di moda gli anni ottanta ed i paraorecchie sono di sicuro di tendenza.
E' una tragedia. Ci sono certi giorni in cui mi sembra di andare in giro con due sacchetti del Conad vuoti.
Tempo fa, in una trasmissione televisiva del mattino (quella dove un professore nano che sembra una foca illustra come si può diventare più sani e più belli con pochi semplici gesti, target di riferimento casalinghe dai 60 agli 80 anni), una tiratissima tizia in camice bianco mostrava come verificare la tenuta del proprio seno in maniera casalinga, per correre agli eventuali ripari. L'esercizio di verifica della tenuta della tetta è semplice e mortificante al tempo stesso: consiste nel togliersi il reggiseno, procurarsi una penna o una matita, ed inserirla in orizzontale sotto l'attaccatura del seno. Se la matita cade, tutto bene. I cavoli amari sono quando la matita non cade: in tal caso si deve correre ai ripari, con spugnature gelide al mattino e creme tonificanti.
Ebbene, ho provato.
In questa casa, da allora, non si trova una penna a pagarla oro.

domenica 3 febbraio 2008

Domani è lunedì.

Di solito, la domenica sera al Lupinaio c'è mosciura.
Di solito, uno Straccioman completamente vestito di pile si aggira sconsolato avvolto nel suo mantello carico di elettroni, dispensando sospiri e maremmecane a destra e a manca.
Di solito, smoccola pensando che il giorno dopo sarà di nuovo lunedì, e quel maledetto camion che ciuccia cacca umana lo aspetterà coi fari accesi e il motore rombante.
Di solito, la domenica sera si mangia pizza. Rigorosamente congelata, o al limite quella precotta del supermercato, e spesso è un altro motivo di lamentela.
Di solito, la domenica sera Straccioman sospira, pensando alle cose più brutte del mondo, agli amici lontani, alla squadra del cuore che zoppica e rischia la retrocessione, alle rate della macchina, ai conflitti in medio Oriente e alle cose che il Nano ha ridotto in coriandoli durante la settimana.
Di solito, il Lupinaio è pervaso di stanca malinconia, alla domenica sera, specie se poi ha fatto brutto tempo.
E invece, oggi Straccioman si è smaterializzato. Al suo posto è comparso il Gig, pervaso di insolito ottimismo.
Il Gig ha fischiettato, ha riso, non ha minacciato terribili ritorsioni quando il Nano ha lanciato il telecomando per terra.
Ed io, che mi aspettavo il ritorno sciabattante del supereroe ad alto contenuto di elettroni, mi sono preoccupata.
Di fronte all'ennesima, squallida pizza, il Gig non si è neanche lamentato. Anzi, ha apprezzato la consistenza marmorea della pizza, constatando la bontà gommosa della pseudo-mozzarella,
ha snocciolato una serie di buoni propositi a sfondo ottimistico per il futuro, mi ha detto che sono davvero dimagrita moltissimo, e che il Nano è un bambino sveglio per la sua età.
Mi sono preoccupata molto.
Alla fine, ho avuto il coraggio di chiederglielo.
"Gig, ma che hai?"
"Nulla. Sono CONTENTO."

Assolutamente pazzesco. Scommetto che il virus intestinale lo metterà al tappeto.

venerdì 1 febbraio 2008

Ode al rotolone milleusi

Ode a te, rotolone milleusi,
che arrivi nelle nostre case col tuo doppiovelo
a portare concordia ove regna la guerra,
a spazzare via le macchie d'unto ove il grasso impera,
a pulire menti* intrisi di bave e papponi,
che rimuovi lo sporco più sporco là dove la cucina è più cucina.

Ode a te, soffice presenza dei nostri ripostigli
che sotto dieci piani di morbidezza
nascondi un'inutile vuota anima di cartone
che tutti buttan via senza darsi pena.
Ma io so che quell'anima ha un suo senso,
e infatti ci faccio candele e portapenne.

Ode a te, compagna dei miei raffreddori,
che quando finisce il Kleenex e niente sembra poterci più salvare
arrivi tu, a far compagnia ai libri sul mio comodino
e ad irritar ben bene le mie nari.

Ode a te, che spesso te ne stai
celata nel segreto del mio armadietto del bagno
fianco a fianco al cilindro del Vetril, del quale sei compagna
e che quando finisce la carta igienica ti presti anche ai più umili utilizzi.
In quei momenti sento tuttavia d'amarti meno,
specie perchè chi ti progettò previde
che tu potessi pure scolar unti,
nettar vetri e chissà quant'altro.
Meno che una cosa, che a me in effetti non è gradita.
Perchè se dolce e morbida e doppiovelo sei,
tosto ti trasformi in carta vetrata a grana grossa,
ed è tutto uno smerigliar emorroidi.

Ricordarsi assolutamente di ricomprare la carta igienica.


*menti nel senso di bazze.