sabato 27 settembre 2008

La famiglia Lupini in vacanza

Stiamo per partire.
Il Nano, dopo una nottata condita da tanti piccoli risvegli per porre domande esistenziali tipo doè il tattoe? Nonna c'è? La pattasciutta c'è?, si è risvegliato in un letto di mocci verdastri, con gli occhi appiccicati ed una strana faccia da zombie. Ancora ci si domanda quali siano i meccanismi che regolano la salute dei nani: il giorno prima corrono per tutta la casa lanciando acuti alla Mariah Carey, il giorno dopo si aggirano per casa trascinando una copertina, con gli occhi pesti e l'alitosi assumendo il grazioso aspetto da quarantenne post-bisboccia.
Insomma, noi intanto si parte. Si va prima dalla Babbi a Milano, poi in Sud Tirolo, poi forse a Torino. Ed in tutto questo bailamme di facce da vedere, amici da abbracciare, mani da stringere, si spera di trovare il tempo per riposarci.
Ci si vede presto.

mercoledì 24 settembre 2008

Cercasi Gonzales disperatamente

Oggi pensavo ad una cosa un po' sbilenca, una delle mie insomma.
Pensavo che è bellissimo quando leggi un libro che ti coinvolge emotivamente e riesci a dare una faccia a chi l'ha scritto. Quelli della Mondadori lo hanno capito: la collana Strade Blu ha la bella abitudine di stampare il faccione dello scrittore sull'ultima di copertina. Quando leggevo i libri di Palanhiuk, ad esempio, durante i passaggi più cruciali dei suoi racconti mi andavo a guardare il volto dello scrittore e cercavo di carpire il segreto di quegli occhi, dietro ai quali una mente contorta è riuscita a concepire tali follie.
Oggi pensavo a quale faccia possa avere il Dottor Carlos Gonzales, esimio pediatra e teorico di un nuovo tipo di educazione, il besamemuchismo, il cui libro ho divorato e ri-divorato a più riprese. Inutile dire che nella mia fantasia, è un uomo bellissimo, dai lineamenti decisi e lo sguardo volitivo, la mascella alla Ridge ed un sacco di capelli. Meglio se biondi.
E allora mi è venuta in mente questa cosa diabolica: visto che il mezzo informatico lo permette, perchè non usare Google Immagini e cercare una sua foto, dando così corpo alle mie fantasie erotico-mediche?

Non è stata un'idea felice.
Carlos Gonzales potrebbe essere questo. Va bene, lo sguardo è fiero, il capello sufficientemente brizzolato e il dente splendente, ma quel cazzo di macchinario dietro? Che cavolo sono tutti quei tasti?

Oppure potrebbe essere questo. E qui, ci si comincia a preoccupare un filino. Non so se la foto è stata tagliata in corrispondenza del numero, ma ha tutta l'aria di una foto segnaletica. Non voglio sapere quale sia il tipo di reato commesso dal Dottor Gonzales. Tremo alla sola idea.

Oppure uno di questi tre qua. Il brufoloso memmellone primo da sinistra? No, per favore. Quello al centro con la frangettina? Oppure quello di destra con la bottiglietta in mano, che mi ricorda tanto l'ucraino che mi è venuto a montare le grondaie?

Anche questo potrebbe essere il dottor Gonzales. La chitarra ci sta tutta, non mi disturba l'idea di un pediatra che nel tempo libero si diletta coi flamenchi. Ma la camicia? Era proprio necessaria?

Le possibilità sono svariate e variopinte: c' il Gonzales sportivo versione figurina Panini, il Simpatico Pelatone, il Gonzales Narcotrafficante, il Gonzales Carnevale di Viareggio, il Gonzales col pescione, il Gonzales Che Guevara, c'è pure questo che non si è capito che cazzo c'entri ma è proprio un bell'uccellino, ma il mio preferito rimane questo, che sembra tanto uno degli Abba, bello tamarro col suo catenaccio al collo e i baffoni.

Ci pensate che uno di questi qua potrebbe essere il mitico Carlos Gonzales, quello di Bésame mucho e di Il mio bambino non mi mangia? Uno di questi ceffi ha uno studio di pediatria e visita i bambini, dà consigli alle mamme su come crescerli in maniera sana ed equilibrata, si mette il camice e dice tutte quelle cose incomprensibili tipo lupus, sarcoidosi e amiloidosi che la gente si tocca le palle solo a sentirle nominare. Ma vi rendete conto, mamme?

Sono depressissima. Non lo dovevo fare questo giochino.
Scommetto se cerco Estivill viene fuori una paginata di figoni.

domenica 21 settembre 2008

Stati di allucinazione.

Come avete appreso dal melenso post da me pubblicato, oggi era il Nanocompleanno.
Non c'è stata alcuna festa, in quanto la Zia è in Messico, la coppia Asl-Mimetica erano altrove in compagnia di amici e il perfido duo Alzheimer-Ansia doveva assolutamente pulire tutto lo scantinato, altrimenti la sciagura si sarebbe abbattuta su tutti noi e non sarebbe rimasto vivo neanche il gatto (questo però lo sosteneva solo Nonna Ansia, gli altri si sono dissociati).
Però il regalo Gig-lupino glielo abbiamo dato oggi: un trattore giocattolo IDENTICO al trattorino rasaerba del Nonno Alzheimer: praticamente un Mini-Me su pneumatici.
Inutile dire che oggi è stata una giornata terribile.
Innanzitutto, mai regalare cose a pedali a chi non sa pedalare. Vi assicuro che è molto frustrante: il Nano ha sentenziato, lapidario, quetto non fa, ed ha tentato di sbarbare il semiasse. Il resto del pomeriggio è trascorso tra urla belluine e strappamento di abiti (il Nano, in preda alla furia dei terrible two, ha sviluppato una certa propensione per la tragedia), e tutti per colpa del trattore che (secondo lui) non andava.
Alla fine abbiamo trovato un compromesso: ho legato uno spago sul davanti, e l'ho trascinato in giro per tutto il giardino. Il cordino era stato recuperato da un paio di pantaloni miei da ginnastica, di quegli obbrobri con la coulisse in vita, lo spessore era di pochi millimetri, praticamente uno spago. Ora, se sommiamo gli 8 kg e mezzo del trattore, più i 12 e 200 del Nano, più pesi variabili degli oggetti via via caricati sul pianale del carrello (pila di pigne con tanto di pinoli, gatto Nenne recalcitrante, altri trattori miniaturizzati, legna da ardere, sassi e ghiaia), è ovvio che lo spago diventa un'arma, e ti taglia le dita come se fossero di polenta.
Adesso ho le falangi color roastbeef. Ma non importa, basta che lui sia felice. E comunque, da quel momento in poi, il trattore è diventato meraviglioso, irresistibile.

Alle 18.30, dopo ore e ore di lavoro di movimento terra, sono finalmente riuscita a staccare il Nano dal trattorino e a portarlo ad una specie di fiera nel centro del paese. Ogni tanto il Nano si voltava dalla mia parte chiedendomi ma il trattòe c'è?, totalmente disinteressato rispetto al resto del mondo. Frotte di bambini urlanti e scalcianti gli planavano addosso come zecche sui greggi di pecore, e lui niente: intonato il suo mantra, non cagava nessuno.
Ma il tattoe doè? 'Un c'è? Ma il tattoe c'è? Doè il tattoe?
Visto il successo dell'operazione, il Nano è stato portato a casa, nutrito con abbondante pappagellà, pigiamizzato e finalmente allettato.
Il tutto, condito dal solito mantra:
Ma il tattoe doè? 'Un c'è? Ma il tattoe c'è? Doè il tattoe?
Ma il tattoe doè? 'Un c'è? Ma il tattoe c'è? Doè il tattoe?
Ma il tattoe doè? 'Un c'è? Ma il tattoe c'è? Doè il tattoe?
Alla fine, esausto, è crollato.

Però stamattina ha fatto capolino in questa casa, debitamente travestita da regalo, una gru.
Il mantra adesso ha un nuovo protagonista.
Ma la U doè? 'Un c'è? Ma la U c'è? Doè la U?

Parenti, lo so che non mi leggete, che siete tutti ottuagenari e il computer non sapete manco cos'è, comunque vi avverto lo stesso: smettete di regalare al Nano tutti questi mezzi da movimento terra. Sappiate che io nutro grandi speranze su di lui, voglio che diventi un medico di fama internazionale. Non voglio che faccia il guidatore di trattore o il manovratore di gru, che poi si sporca tutto e a me tocca lavare. E' un casino mandare via il grasso dai polsini delle camicie, parola di una che lo Smoll lo metterebbe anche nel thè per ammorbidirne il gusto.
Per favore, qualcuno regali al Nano l'Allegro Chirurgo.
Fate felice una mamma.

sabato 20 settembre 2008

Domani due anni fa.

Questo è un post alla melassa. Astenersi se diabetici o troppo sensibili.

Domani è una data importate. Ricorre l'anniversario del mio parto.

Alle 13.00 in punto del 21 settembre 2006, una Lupina panciuta come la Venere di Willendorf scopriva che le acque non si rompono in maniera spettacolare come nei film, ma in modo silenzioso e infido.
Alle 13.30 Lupina aspettava che la futura nonna la accompagnasse in ospedale, con una valigia azzurra piena di vestaglie e tutine piccole piccole. Alle 13.35 Lupina varcava la soglia del pronto soccorso, e decideva che l'attesa non faceva per lei: si incamminava da sola per le scale dell'ospedale, si piazzava in accettazione del reparto maternità mentre Ansia, improvvisamente rientrata in se' dopo aver realizzato di stare per trasformarsi in Nonna Ansia, cominciava a gridare "Infermieeeeeraaaaaa! Infermieeeeeeeraaaaaa!".
Alle 14.00 le mettevano il monitoraggio wireless. Lupina si cambiava d'abito ed indossava quelle orribili vestaglie da donna incinta, quelle cosiddette "spiritose", con le immagini dei bebè urlanti, un pallido monito di ciò che sarebbe accaduto dopo. Messaggio per i produttori di camicie da notte per donne incinte: ah ah ah. Non siete divertenti. E comunque, arriva il Gig a dare man forte, appena ripescato da una mattinata di intenso lavoro: ha i capelli appiccicati di sudore, i pantaloni pieni di macchie e la T-shirt al rovescio, si è dimenticato gli occhiali da qualche parte, e non trova la macchina fotografica.
Alle 15.00, un'ostetrica campionessa di ciabatte su linoleum faceva capolino nella camera di Lupina, e le annunciava l'arrivo del Bel Ginecologo. Il Bel Ginecologo dava un'occhiata distratta, ed annunciava che se entro le 22.00 il bimbo non fosse nato, Lupina verrà tagliata. Lupina pensa: Non mi avrete mai. Le veniva consegnata una candeletta di gel e le veniva messa una flebo di ossitocina per velocizzare il tutto. Lupina maledice mentalmente gli inventori dei sostegni per le flebo. Si rende conto improvvisamente di non aver mangiato.
Alle 16.00, l'ostetrica le chiedeva se avvertiva le contrazioni. Lupina si stupisce, ma no, nonostante i picchi del tracciato, non avverte il benchè minimo fastidio, e chiede "ma quando si mangia?".
Alle 17.00, l'ostetrica le chiedeva se avvertiva contrazioni. Lupina conferma che non sente niente. Lupina, sempre più preoccupata di non nutrirsi a sufficienza, si informa presso un'altra ostetrica su quando si mangia.
Alle 18.00, l'ostetrica le chiedeva se avvertiva contrazioni. Lupina continua a non sentire niente. Approfitta della capatina di un'ennesima ostetrica per chiedere se possono portarle qualcosina da mangiare, non ritenendo le altre due abbastanza affidabili.
Alle 19.30, Lupina camminava su e giù per il corridoio del reparto, aggrappata all'asta della flebo. Un'ostetrica le chiedeva se avvertiva contrazioni. Lupina comunicava che no, non sente niente, a parte dei dolori bestiali che le attanagliano le viscere e la rendono molto poco comunicativa e piuttosto nervosetta. Nel frattempo, agganciava un'inserviente innocente gridandole dietro ma non si mangia mai in questo ospedale del cacchio?
Alle 20.30, l'ennesima visita con annotazione di dilatazione e robe varie. A questo punto, Lupina si rendeva conto che il corridoio dell'ospedale era un luogo poco adatto al proprio nervosismo, e si recava sottobraccio al Gig verso la sala travaglio, ormai rassegnata al digiuno e sempre più pericolosamente vicina al taglio cesareo.
La sala travaglio si presenta come il paradiso terrestre della partoriente: luci soffuse, vasca da bagno, pallone da fitness, musica di Segovia di sottofondo. Lupina è preda di uno sdoppiamento di personalità: tra una contrazione e l'altra, è la solita allegra simpaticona in sovrappeso, durante la contrazione si trasforma in un essere piuttosto nervosetto e tendente all'ira. Improvvisamente si rende conto di star per partorire. Oh mamma, che emozione!
Alle 21.30, i dolori sono fortini e Lupina quasi urla di gioia: il Bel Ginecologo è lì davanti a lei, la testa si comincia a vedere e lui non l'ha tagliata. Tiè.
Alle 22.20, Lupina pensa che le scappa la cacca e che non è il momento. "Ma che cacca," ride l'ostetrica "spingi, sta per nascere!". Il Bel Ginecologo, che non si è rassegnato a tagliare, chiede "ma nemmeno un'episiotomia piccola piccola?"
Alle 22.22, in piedi in mezzo alla stanza, sorretta dal Gig da un lato e da un'ostetrica dall'altro, Lupina pensa che le cose si mettono male, lei non ha mangiato e spingere è una vera palla: dà una spinta più forte delle altre e il Nano nasce , e per fortuna viene acchiappato al volo. E' un ciccione enorme, ha la testa spiaccicata ed è rossastro come una barbabietola. Non piange, ma ci guarda con due occhi blu curiosi. Lupina pensa che nonostante le rughe tutto sommato è carino, e sicuramente con il trucco e le luci giuste si può fare di lui se non una star, almeno un discreto commentatore sportivo.

Alle 23.00, finalmente, Lupina spedisce il Gig in centro e si fa portare una pizza con peperoni e salsiccia. E mentre il Nano fa le prove con la tetta, se la mangia.

Dicevo che domani ricorre l'anniversario del mio parto. Che è una data importante, sì, ma che è diventata seconda rispetto al vero evento:

BUON SECONDO COMPLEANNO, NANO!
Mille di questi giorni per te: ti auguro una vita piena zeppa di trattori e treni veloci, e cavalli e mucche, e tanta pappagellà.

Con amore infinito, La Mamma.

venerdì 19 settembre 2008

La scomparsa.

Questo è il tavolo da lavoro del Sospettato. La scena del crimine non è stata contaminata. La scomparsa è avvenuta tra le 7.15 e le 8.26, ora di uscita da casa per raggiungere l'asilo. Dalle evidenti tracce ematiche sulla scena, si ipotizza omicidio con occultamento di cadavere. Come potete vedere dalla foto, al momento della scomparsa sul suddetto tavolo si trovavano i seguenti reperti : 1. Un trattore verde di plastica, mancante di cerchione anteriore sinistro; 2. Un camioncino dei pompieri di colore rosso, che emette un suono se premuto fortemente da mano nana; 3. Un biberon marca Chicco, contenente del liquido che a prima vista può sembrare acqua, e che all'analisi del RIS di Parma si è rivelato essere effettivamente acqua; 4. Alcune formine di plastica raffiguranti gli animali della fattoria, nello specifico : a) 1 anatra; b) 1 pecora; c) 1 mucca; d) 1 coniglio ed 1 maiale in evidente atteggiamento equivoco; 5. un pennarello tipo Carioca Jumbo di color verde erba, usato dal Sospettato per tracciare righe su un foglio bianco, che al momento si trova al vaglio degli Inquirenti. Si ipotizza che si tratti di linguaggio cifrato, destinato ad un ipotetico complice.
Il Sospettato è stato sottoposto ad interrogatorio, che ha prodotto il seguente verbale:

Lupina: "Nano, hai messo a posto i vasetti del Didò?"
Nano: "No, Dido no."
Lupina: "Hai visto che manca un colore?"
Nano: "No, manca no."
Lupina: "Che colore manca, Nano? Su, da bravo, dillo alla mamma"
Nano: "Iallo c'è. Blu c'è. No, loscio no."
Lupina: " Ti ricordi dove l'hai messo?"
Nano: "No, coddi no."
Lupina: "Dove sei stato, prima? Cerchiamo di ricostruire le tue ultime mosse."
Nano: "No, moshe no."
Lupina: "Sei stato in camera tua?"
Nano: "No, mia no."
Lupina: "Sei stato in giro per casa?"
Nano: "No, casa no."
Lupina: "NON L'AVRAI MICA MANGIATO?"
Nano: "Noooo, pappagellà no."

Il Sospettato si è mostrato reticente all'interrogatorio ed è stato tradotto in carcere dove ha giocato tutta la mattina nella piscina delle palline.

Al momento non si hanno notizie del Didò Rosso. La scena della scomparsa e quelle circostanti è stata passata al setaccio dai nostri Agenti, senza alcun risultato.
Si attendono i risultati della prova del DNA. Su cosa non si sa, ma siccome a C.S.I. lo dicono sempre quando maneggiano quei cottonfiocconi, mi sembrava carino dirlo, ecco.

Nano, dove hai messo il Didò Rosso? Perry Mason indaga.

mercoledì 17 settembre 2008

Risvegli

7.15 del mattino al Lupinaio.

"Buongiorno Nano! Facciamo colazione?"
"No"
"Ci facciamo un toast?"
"No, tot no."
"Mangiamo il latte coi biscotti?"
"No, tulla no."
"Allora un biscotto soltanto?"
"No, cotto no."
"Uno yogurt?"
"No, pappagellà no.
"E allora cosa mangiamo?"
Il Nano si alza in piedi e urla a voce stentorea:
"PATTASCIUTTA!"

Però gliel'ho fatta all'olio.
Stavolta la patria potestà me la tolgono sul serio.

Mutande.

"Ti ho steso i panni" Nonna Ansia è lapidaria. "Ma dove pensi di andare con queste mutande? E se ti succede un incidente e vai in ospedale, ti presenti con queste mutande ingrigite e sfilacciate? Sei una sciattona!"
Devo ammettere che Nonna Ansia, nonostante il catastrofismo imperante, è donna di buon senso. Lei, che non tollera sciatterie sebbene si aggiri per casa travestita da folletto dei boschi (coi primi freddi sfoggia i suoi famosi pantaloni di felpa infilati dentro ad un complicato doppio calzino, giacca da cacciatore e fazzoletto in testa, in un colorato ammasso che sembra appena uscito dal bidone della Caritas), guarda con disprezzo la mia stesa di mutandoni grigini che penzola triste dai fili.
"E' il caso che ti rifaccia il guardaroba intimo". E' vero, è giunto il tempo. Anche il Gig me ne sarà grato.

E così, vincendo la naturale ritrosia verso le moderne diavolerie, Lupina va al negozio delle mutande a ricomprarsi l'armamentario. La scelta cade su un moderno ma austero negozio di biancheria féscion e glémur. La accoglie una commessa magra come il Mahatma Gandhi, che le spiega sul tavolo una stesa di mutande e reggiseni.
"Che taglia porta?" mi chiede la tipa.
Ora, per dovere di cronaca, devo fare due oneste confessioni: primo, non so che taglia porto. Diciamo che fino ad un paio di mesi fa entravo comodamente nella quinta, ma al momento non sono in grado di definire la cosa. Secondo, ho sviluppato una sorta di timore reverenziale per le commesse dei negozi di abbigliamento, specie se sono molto magre. Non so perchè. Le commesse sono una lobby, in questo ameno paesino balneare. Le commesse stanno tutto il giorno a ripiegare magliette e a sparlare di quelle che si stanno provando i vestiti nelle cabine con la commessa del negozio accanto. Loro pensano che il materiale con cui è fatta la tenda sia fonoassorbente, senza considerare che tra loro e te non c'è nient'altro che un miserabile pezzo di stoffa. E' strano come non si rendano conto che se sei in una doccia senza aver aperto il rubinetto, quello che è dentro riesce a sentire benissimo tutto quello che viene detto intorno. E comunque, io sono una donna sportiva e non ci faccio granchè caso, ma magari qualcuno potrebbe anche offendersi sentendosi dare della cicciona/sfattona/reginadellacellulite.
Ma vabbè, sorvoliamo.
Le mutande per me sono una cosa di cotone, possibilmente di colore chiaro, con un buco sopra per infilarci il tronco e due buchi sotto per infilarci le gambe. Hanno un davanti, in genere contrassegnato da un fiocchetto, ed un dietro, solitamente munito di fastidiosissima etichetta. Facile.
Le cose che ho visto su quel tavolo, però, erano un qualcosa di diverso. Erano strumenti alieni, atti alla tortura della nostra intimità.
"Abbiamo questo modellino qui" mi fa il mucchietto di mestoli. Chissà come mai, le commesse dei negozi di intimo parlano sempre col suffisso -ino: pigiamino, abitino, modellino. O ciccia, ma cosa mi vuoi dare di -ino? Sono una 46, ho le debordanze ai lati e due tette giganti, vediamo di rimanere sull'-one, o almeno sull'-etto, via. Non mi mortificare.
E mi mostra una cosa che non avevo mai visto, facendomi venire una voglia matta di abbandonare l'impresa. Trattasi di mutanda brasiliana. Il dietro è uguale al davanti. La vita è bassa. I buchi delle cosce lasciano poco spazio alla fantasia. E poi, meraviglia delle meraviglie, non ha elastici. "Scusa, ma come fa a stare al suo posto?" chiedo intimidita, pensando agli elasticoni delle mie mutande da anziana signora che mi si saldano nei rotolini dei fianchi e rimangono lì, come smeraldi nel loro castone.
"Ma sta benissimo, è un po' tipo perizoma" mi liquida l'anoressica. La sua affermazione mi fa venire in mente i miei tentativi di modernizzazione, ovvero quei tristi pomeriggi trascorsi in ufficio a saltellare sulla sedie, tentando di togliere da quel posto quella maledetta stringa di elastico. Eppure mi avevano giurato che era comodo, che non si sentiva, che non si vedeva, ed io cogliona ci avevo creduto e me ne ero comprata uno stock di tutti i colori, che adesso giace nel reparto hard del mio cassetto, in attesa di essere scagliata nella spazzatura in un momento di sconforto, o di trasformarsi in elastico da fionda per il Nano.
"No, guarda, credo che non sia il mio genere. Avete qualcosa di comodo?". La commessa mi lancia uno sguardo di sufficienza, e mi apre sotto il naso un cassetto pieno di pallottole di velo, ordinate per colore in tanti piccoli scomparti. Spiega una delle pallottole sotto il mio naso, et voila: mutande totalmente trasparenti, una nuvola di pizzo a forma di mutanda.
"Belle, queste." ed i miei occhi visualizzano le complicate architetture di pizzi e dentelle che adornano i fianchi di Dita Von Teese. La tentazione è forte.
Se non fosse che il pizzo si chiama pizzo non a caso: il pizzo pizzica. Ha il potere di trasformare una donna in estasi alle 7 del mattino nella tarantolata delle 13.30. Le mie buone intenzioni di donna mutandata con pizzi e trine in genere finiscono in pausa pranzo, che regolarmente salto per andare a casa a cambiarmi e rimettermi le orrende cotonella.
"Ma non avete qualcosa di basic? Cioè, di quelle normali." La commessa sfodera il massimo del disprezzo consentito in un'occhiata, e mi conduce in un angolino appartato. E così, in mezzo alle mutande delle Winx e i pigiami da ricovero ospedaliero di ottuagenaria, spunta un espositore ricolmo di bustine di plastica trasparente, contenenti il fatidico tris di mutande a vita medio-alta con fiocchino davanti e etichetta con spiegazioni per il lavaggio sul dietro. "Un tris di mutande viene 7 euro e 99", e mi abbandona al mio destino.

La mutanda, anche se sigillata, a casa mia va lavata prima di indossarla. E' cosa buona e giusta, e poi si evitano quelle infezioni che tanto tormentano le nostre esistenze e ci costringono all'uso dell'ovulo e il grattamento con moccolo incluso.
E così, di fronte alla stesa delle mie mutande nuove, Nonna Ansia sentenzia:
"Se non te le vuoi comprare, te le compro io. Basta che non vai in giro con questi affari indecenti."
Quasi quasi mi provoco un incidente di proposito. Solo per vedere la faccia di mia madre nella stanza dei raggi.

martedì 9 settembre 2008

Wedding day

Parlare di tutto il caos e la felicità di questi giorni sarebbe troppo anche per me. E siccome una foto vale più di mille parole, vi metto questo.

Occhio, che tra meno di 24 ore torniamo tutti ombre virtuali.

sabato 6 settembre 2008

Matrimonio col vomito.

Venerdì mattina, al volante della sua Ford-vecchio tipo-cabriolet, Lupina accompagnava il Nano all'asilo. Ad un certo punto ha cominciato ad avvertire un fortissimo malessere a livello gastro-duodenale, si è fermata davanti ad un'aiuola ricoperta di teneri fiorellini, ha aperto lo sportello ed ha vomitato su tutte le specie vegetali presenti sul luogo. Il Nano, evidentemente divertito dal fatto che la mamma si trovasse in tale frangente, sghignazzava dal sedile posteriore.
"Hai mangiato quella pizzaccia ieri sera, lo sapevo che prima o poi di pizza saresti perita!" sentenzia il Gig, dall'alto del suo intoccabile metro e novantacinque.

Venerdì mattina alle 10.30, di fronte al vasetto di pappagellà, il Nano si entusiasma, lo ingurgita fremendo e lo rivomita a più riprese.
"Si è agitato troppo giocando", commenta amorevolmente l'Educatrice 1.

Venerdì pomeriggio, Nonna Ansia si dipinge le unghie in attesa di dover sfoggiare qualcuno dei suoi anelloni da investitura papale, quando comincia ad avvertire uno strano malessere, e vomita dentro l'astuccio della manicure.
"Ho preso fresco, " decreta, essendo il non bene identificato fresco causa di molteplici malanni capaci anche di condurre alla tomba una povera donna.

Sempre venerdì pomeriggio, la Fantesca in forze alla casa materna accusa un analogo malessere e vomita mentre passa l'aspirapolvere. Essendo ella in totale comunanza spirituale con Nonna Ansia, si presume che abbia vomitato per processo simbiotico.

Sabato pomeriggio, durante il taglio della torta, lo Sposo accusa un malessere ma essendo egli un giovane morigerato e contenuto regge per tutta la serata, si sciroppa 20 km col mal di stomaco e gli stranguglioni, ma poi sbrocca e giunto alla magione finalmente vomita.
"Sarà il nervoso. Povero Mr.Coccinella, lui è una personcina emotiva, si sarà emozionato." commenta la Mamma dello Sposo, ancora parata a festa.
Il malvagio Gig sostiene che sia colpa delle scarpe di legno da lui indossate durante la cerimonia, ma si sa che parla per invidia perchè lui le scarpe di legno non ce le ha (nel link, un esempio di tipica scarpa di legno, che per essere sinceri a quelle dello sposo non gli legano nemmeno le scarpe. Qualcosa in questa frase non mi convince troppo.).

Non si riesce a capire come mai, la mia ipotesi di virus gastrointestinale non è accettabile. Probabilmente anche House avrebbe fatto fare i markers per l'amiloidosi e il lupus, ma poi sarebbe giunto alla mia stessa conclusione. Ma loro no, loro hanno preso fresco, hanno mangiato la pizzaccia, si sono agitati, si sono emozionati, ma il virus non ce l'hanno. Tsk, non è logico che una che non ha speso milioni di euro per libroni di medicina e specializzazioni non possa azzeccare una diagnosi. Brutti razzisti!
Insomma, il risultato di tutto questo trabagai è che hanno vomitato più o meno tutti, ma soprattutto che mia sorella trascorrerà una prima notte di nozze davvero indimenticabile.

giovedì 4 settembre 2008

Morte della Pleistèscion

Sapevamo che sarebbe successo, prima o poi.

Ci fu un tempo in cui l'esistenza del Gig in questa casa si espletava in maniera orizzontale. Ci fu un tempo in cui egli vegetava con le piante dei piedi sul bracciolo del divano, il culo sempre sullo stesso punto così da creare un adeguato cratere per le chiappe, ed una misteriosa cosina nera tra le mani da cui si dipanava un lungo spago collegato ad un affare nero senza finestre.
Ci fu un tempo in cui il Gig rispondeva a monosillabi, che poi evolvettero in sole vocali, che poi si trasformarono in grugniti.
Ci fu un tempo in cui la distrazione regnava sulle cose, e la mente gigghica vegetava altrove, perduta nei meandri del campionato virtuale del Proevolùscion. In quel tempo, potevi introdurre qualsiasi argomento, certa di ricevere un'unica risposta: gngr, 'spetta.
Gngr, 'spetta è la summa, il verbo, la risposta alla domanda universale.
"Gig, mi faccio un tè. Lo vuoi anche tu?"
"Gngr, 'spetta."

"Gig, che ne pensi di imbiancare la cucina questo finesettimana?"
"Gngr, 'spetta."

"Sai che il Nano è frutto di storia di sesso con un autotrasportatore bulgaro?"
"Gngr, 'spetta."

"E se tu chiedessi un giorno di ferie e andassimo all'Ikea a trascorrere una giornata riflettendo su quale cassettiera comprare e valutando le varie possibilità che il design democratico svedese ci offre?"
"Gngr, 'spetta."

Nel momento in cui la lucina blu è accesa e l'affare con i pulsanti staziona saldamente tra le mani, il Gig è inerme e vulnerabile. Puoi chiedergli qualsiasi cosa, egli non se ne ricorderà ma ti accontenterà, perchè una parte di se' è vigile e senziente ed avrà l'impressione che tu effettivamente gli abbia parlato di quell'argomento, nonostante il campionato di calcio virtuale in quel momento volgesse nettamente a favore del Torino.

Io quel coso nero l'ho sempre guardato con sospetto. Innanzitutto, perchè non capisco realmente a cosa serva, poi perchè attira un sacco di polvere, e anche perchè ho la sensazione di stargli antipatica. Infatti più volte ho scorto la lucina blu, una specie di occhietto incastonato nel marchingegno, mentre mi guardava male. Ed ho udito la sua vocina sibilare: gioca con me, Gig! Lasciala perdereee...
Ma lei non si è mai resa pienamente conto che quella che spolvera sono io, e che forse è più un mio diritto comunicare col mio coniuge. Ma io c'ero prima di te, carina, mi bisbiglia mentre io la accarezzo con il swiffer. In questi momenti, ripenso a tutte le volte che per colpa sua non ho potuto litigare e tirare fuori il mio lato peggiore, e mi vengono strane idee. A volte, sopraffatta dall'ira, l'ho un po' sbatacchiata. Ma sì, qualche bottarella sul coperchio data con la mano aperta, qualche calcagnata data bene, e poi via, ad aspettare la prossima accensione per vedere cosa succederà.
Generalmente, niente. Il malefico coso giapponese è costruito con un materiale alieno indeformabile, è ripiena di kriptonite e mi indebolisce. Le presunte legnate che le tiro non la toccano minimamente, al massimo fa tic tic quando la scuoti, e stop.
Oggi, come per magia, ha smesso di funzionare. In un attimo si è realizzato ciò che in sette anni non avevo osato sperare, ovvero il dialogo tra coniugi nel dopocena. E' finita l'epoca del gngr, 'spetta.
Finalmente potrò cominciare ad ammorbare la vita del Gig coi miei vaniloqui.

Sempre che il demonio non si insinui nella nostra casa sotto forma di pleistèscion tre.
"Lupi, me la regali per Natale?"

Mi rimane ancora poco tempo.

martedì 2 settembre 2008

Contaminazione.

Il Gig è una personcina per bene, e questo forse voi lo avevate capito prima di me.
Abituato a sguazzare tutto il dì nella schifezza e nel pericolo di contagio, una volta giunto alla sua dimora, desidera che tutto sia perfetto e asettico.
L'ultima frontiera della turba psichica del Gig è la contaminazione alimentare.
Quando il Gig torna a casa, si lava le mani ossessivamente per un quarto d'ora, saltellando sulle piante dei piedoni per reprimere il senso sfrenato di pipì che lo attanaglia, perchè il posto di lavoro è contaminato e la vescica va tenuta piena fino almeno a che non si torna a casa. L'acqua deve essere bollente e strinargli le mani, e deve necessariamente usare un sapone liquido disinfettante che compra in un misterioso negozio noto a lui solo. Poi finalmente fa la pipì. Poi si rilava le mani.
Poi va al frigorifero, prende una bottiglia di acqua fredda possibilmente appena aperta, beve un sorso e mentre è lì col mento per aria a sgarganarsi nota nel frigo alcuni alimenti a suo dire avariati, li prende, li ispeziona attentamente e li butta.

Arriva il momento della cena. La famiglia Lupina non mette in tavola niente di composito da tanto tempo, ma si adatta a divorare scatolette, mozzarelle, insalate già lavate e squallidi vegetali bolliti dall'aspetto asfittico. Tutta colpa della donna di casa, perennemente a dieta, del Nano che deve mangiare sano e dal sacro terrore derivante dall'accensione tramite piezoelettrico del lupinico fornello, che poi si sporca troppo e non c'è voglia di strusciare.
"Gig, dov'è quel prosciuttino crudo semidolce?"
"L'ho buttato. Era avariato."
"Ma l'avevo comprato ieri!"
"Ma era sudato!"

"Gig, ma quella bella insalata di gamberi e fagioli che ho fatto stamattina, l'hai mica vista?"
"Ah, alludi a quella roba puzzolente di acido ricoperta da una patina iridescente? Ho dovuto buttarla. Era avariata."

"Non trovo più la mozzarella di bufala. Hai idea di dove sia stata messa?"
"Nella pattumiera."
"Ma Gig, era la nostra cena di stasera!"
"Ma tu non sai che la mozzarella avariata è un'arma batteriologica? Ma ti rendi conto che stava per contaminare il resto del nostro cibo?"
"Ma non era avariata!"
"Sì che lo era. Non hai rispettato le corrette modalità di conservazione e l'hai fatta andare a male, non ti rendi conto che potevi ucciderci TUTTI?"

E' uno spasso vederlo mangiare. Seziona il tonno in scatola alla ricerca dell'imperfezione con l'abilità di un chirurgo estetico, si avventa sull'insalata e butta via le foglie che non ritiene morfologicamente rispondenti alla sua idea di ortaggio a foglia larga, studia i fagioli uno per uno per sgarmare quello guasto che lo porterà alla tomba. Evitare di morire intossicato è una fatica bestiale. Oltretutto, per una strana deformazione mentale, è convinto di non avere olfatto. Come faccio a sapere che invece ce l'ha? Non ne ho idea, so solo che quel poderoso nasone non può non contenere delle belle cellulone olfattive. Per questo motivo, ogni santa volta in cui si sospetta la contaminazione, porta da me l'alimento incriminato per sottoporlo all'esame del mio Superolfatto.
"Secondo te puzza?"
"No."
"Ma senti meglio, non ti sembra che sappia di piede?"
"Gig, è normale. E' una fetta di toma, di che vuoi che sappia."
"Ma no, annusa. Mi sembra che sappia proprio di piede appena uscito dalla palestra. Deve essere avariato."

Ogni pranzo si trasforma in una full immersion nella pura follia sensoriale, dicevo. Insomma, il Gig ci tiene allegri.
Ma la cosa più bella è dovuta al fatto che le cene da queste parti sono davvero esperienze di alto valore, e soprattutto interminabili.

Nel frattempo io ho già sparecchiato.