Prove tecniche di pappa
Lo Gnomo da due settimane a questa parte è molto nervoso e più attivo del solito. Sfoggia due dentini che lo fanno somigliare molto a Nonna Abelarda, coi quali oblitera ripetutamente i miei capezzoli già fortemente provati da sette mesi di allattamento.
E’ tempo di provare lo svezzamento!, declama l’Esimia Pediatra. Mi consiglia una brodaglia che sicuramente il mio piccino gradirà, che va preparata seguendo un preciso rituale. Mi reco in farmacia, acquisto gli ingredienti: farina rigorosamente senza glutine (da tempo lo Gnomo Dentone si ciba di croste di pane e focaccine salate, alla facciaccia della celiachia e della moderna scienza dell’alimentazione. Roba che se lo sa l’Esimia, mi fa togliere la patria potestà), liofilizzato di pollo-coniglio-vitello.
Arrivo a casa, dove la Nonna, autoproclamatasi esperta a livello europeo di svezzamento, ha già preparato tutto l’occorrente per un buon brodo di verdura. La preparazione viene iniziata tra le grida della Nonna, la quale non si limita a criticare la mia maniera di sbucciare le verdure (“togli troppa buccia alla patata!” “quelle carote tagliale più a rondelle! Troppi tocchetti!”), ma mi minaccia col mestolino ritenendomi fondamentalmente indegna persino di preparare la minestrina a mio figlio.
Non so come mai, ma mentre sento sbuffare la pentola a pressione e lo Gnomo è completamente occupato a mangiarsi un calzino, ho la vaga impressione che siano tutti sforzi inutili, e che queste verdure innocenti andranno ad intasare le tubature del gabinetto.
Tuttavia, occorre provare.
A cottura terminata, mescolo questa farina con il brodo di verdura ottenuto (che non sarebbe nemmeno tanto male, solo che mancando totalmente di glutammato, sostanza dalla quale sono dipendente fin dall’infanzia, a me pare non abbia sapore) e col liofilizzato, butto dentro un po’ di parmigiano grattugiato ed un filo di olio di oliva. A questo punto, a sentire le altre mamme, i loro bambini sono già tutti lì che si leccano i baffi pregustando la pregiata leccornia, mentre il mio, legato saldamente sul seggiolone, dimostra già una certa insofferenza lanciando i suoi giocattoli per terra.
La prima cucchiaiata va a segno. Bene, penso io. La nonna, disfattista per natura, si mostra scettica. Ed infatti, dal secondo cucchiaio in poi, lo Gnomo fa una cosa di cui non lo avrei mai ritenuto capace: spalanca la bocca e lascia che gliela riempia completamente, ma si rifiuta di inghiottire e lascia che tutto gli coli fuori. La cosa che mi convince a desistere è l’espressione sconvolta del piccolo: non piange, ma mi guarda con uno di quegli sguardi assassini che sembrano voler dire: “mamma, proprio tu che sei la persona più importante della mia vita, tu che mi hai generato e nutrito con amore fino a stamattina, proprio tu mi fai questo servendomi per pranzo una sbobba che manco il cane, che quando non sa cosa fare va a mangiare le cacche dei gatti, avrebbe mai il coraggio di mettersi in bocca?”.
Poggio il piatto, e desisto. Nel frattempo, lo Gnomo è passato dalla resistenza passiva al pianto isterico.
Che fare? Tetta-coccole-ancora tetta.
Rimandiamo a domani.
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