sabato 3 novembre 2007

La follia delle sei

Quando il Nano era un ranocchio rugoso e non faceva altro che puppare e frignare, aveva una strana abitudine. Non che fosse nulla di scandaloso o sconvolgente, però rimaneva una cosa piuttosto curiosa: alle sei del pomeriggio, impazziva.
La follia del Nano consisteva più o meno in un climax ascendente di vagiti, prima un paio di avvertimento come gli artificeri usano fare coi fuochi artificiali nelle feste di paese, poi un'escalation di grida assordanti che facevano cascare i capelli e desiderare ardentemente di essere altrove, per terminare con urla sguaiate e al limite dell'afonia. Il colorito roseo e pasciuto del Nano assumeva delle tonalità da camaleonte, passando dal rosa acceso al color vinaccia in pochissimo tempo: quel corpicino da rospo spellato cominciava a tremare, i pugnetti si agitavano nell'aria e la bocca di rosa si rovesciava in quella smorfia tipica che dalle nostre parti viene chiamata comunemente labbrino.
Non c'era passeggiata sul mare o gitarella in loco ameno che tenesse: alle sei in punto, il Nano impazziva. Ovunque ti trovassi, con chiunque tu fossi, al Nano non gliene poteva fregare di meno: lui doveva piangere, e tu ti attaccavi.
Potevi trastullarlo come ti pareva: col sonaglino, col carillon, con le lucine colorate, cullandolo, palleggiandolo, facendogli i massaggini. Il risultato? Grida disperate. Poi si passava alle grida incazzate. Però sempre grida. Mai un tenero vagito. Urla, e basta.
Noi poveri genitori vivevamo ormai nel terrore di farci sorprendere nel posto sbagliato al momento sbagliato, ovvero ancora molto lontani da casa o dalla macchina. Vivevamo con l'orologio in mano: "Presto, Gig, manca un quarto alle sei e la macchina è a due chilometri da qui! Metti il turbo alla carrozzina! Corriamo!".
La pediatra, quando le raccontai della follia delle sei, mi disse che dovevo solo dargli la tetta.
Ha ragione, signora pediatra. Devo dargli la tetta. Ed in effetti, lui la tetta la voleva. Ma solo dopo aver urlato come la Callas nella Traviata. Eh, prima bisogna urlare, altrimenti la poppata vien male, o chissà cosa succede, magari qualche sventura si abbatte su di noi, vai a sapere.
Noi intanto si urla, sai com'è.
Ed io mi ritrovavo in un bar del centro, frequentatissimo, con le tette di fuori ed un Nano inconsolabile, in mezzo a gente che prendeva l'aperitivo e mi guardava con sospetto. Oppure al banco salumi di un centro commerciale, sempre con le immancabili tette di fuori, che tento di sovrastare le grida belluine di questa mezzasega per farmi tagliare un etto e mezzo di crudo San Daniele. Eh, perchè siccome le sfighe arrivano sempre in compagnia, guardacaso il Nano comincia ad urlare quando sul display compare il nostro numero.
Avevi voglia di chiedere alla immancabile vecchia col numero prima del tuo di farti passare avanti, perchè sapevi che a quel cosetto angelico e profumato di talco che dormiva tranquillo nel tuo marsupio stava per innescarsi il meccanismo dell'autodistruzione: la vecchia non ci avrebbe creduto, "Ma che tesoro! Che angioletto!", "Signora, la prego, sta per mettersi ad urlare!", seee. Sempre troppo tardi, maremmagnuda.
Tu sei lì con un cosetto, un fagottino di 5 chili scarsi, dai cui polmoni si scatena l'inferno, e si crea quel bell'effetto Franzoni: "Madre snaturata! Cosa hai fatto al tuo frugolino? O scellerata Medea, metti fine al pianto di questo infante, altrimenti chiamiamo il Telefono Azzurro che ti fa un culo così" e tu che non sai cosa dire e cosa fare, e ti verrebbe voglia di riportarlo al reparto maternità dell'ospedale in cui è nato ma sai che per questo tipo di articolo non vale il diritto di recesso, e vorresti mentire dicendo no, ma non è mio, è di una signora che è andata a provarsi una vestaglia e mi ha chiesto se glielo tenevo, ora quasi quasi lo lascio qua su questo frigorifero dei surgelati, poi se lo verrà a riprendere lei, eh, stai qui bellino che mamma torna, tanto sai che non c'è massaggio al pancino o tetta che serva a consolare, noi si piange/gne-gne/gne-gne.
Le poche volte che ho avuto qualcosa da fare per quell'ora sventurata ed ho provato ad appiopparlo ai miei, alle sei e un quarto ho ricevuto la famigerata telefonata: la voce di mio padre, appena udibile sotto il coro dei pianti, che mi dice presto vieni, il bimbo è qui che urla.
Perchè io, maligna, ho tenuto nascosta finchè ho potuto questa strana abitudine nanesca. E che no, altrimenti col cacchio che me lo tenevano.
Qualcuno, timidamente, suggeriva il ciuccio.
Il ciuccio ficcatevelo in quel posto, rispondevo io. Le donne primitive mica ce l'avevano, il ciuccio. In natura il ciuccio mica esiste. Non siamo nate con i pollici di caucciù da cacciare in bocca ai bimbi per farli stare zitti. E siccome io sono una donna primitiva, la Donna di Cromagnon, e lui è ancora più primitivo di me, non gli do un bel nulla. Meglio che pianga, piuttosto, ma datemi il tempo di capire come funziona questo cosino, non gli si può tappare la bocca e ciao.

Oggi pomeriggio, dopo tantissimo tempo che la crisi non ripresentava, il Nano è impazzito. Davanti ad una vetrina di una grande distribuzione di abbigliamento, il Nano ha storto il regale nasino ed ha emesso i vagiti di avvertimento. Oh, guardate che piango, eh! Io ed il Gig ci siamo guardati con apprensione. E abbiamo istantaneamente mandato a quel paese tutti queeli che ci avevano detto eh, ma tanto poi crescono, cambiano.
Ce la siamo data a gambe. E naturalmente, erano le sei in punto.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Il treenne faceva la stessa cosa, la pediatra sosteneva fossero le coliche gassose. Mesi d'inferno tra biberon di finocchio, Alginor, pediacolin e quant'altro.
Anche il secondo piangeva, la sera. Avevo già comprato l'Alginor, quando ho letto un articolo su UPPA, la rivista dei pediatri italiani, dove si diceva che le coliche gassose non esistono, sono solo un parto delle menti malate di noi genitori. Ma allora, il pianto fisso serale? E' l'unico modo che hanno i neonati di comunicare, se è sempre la sera è perché magari il pupo ha paura del buio, magari il giorno che finisce a lui, che non sa, pare la fine del mondo.
L'Alginor è rimasto intonso, e il novemesi ha smesso di piangere. Potenza della suggestione!

My ha detto...

io ho creduto alle coliche
poi ho creduto alla crisi serale
poi ho creduto alla stanchezza
poi ho creduto alle eccessive sollecitazioni

poi era FAME.

Santo svezzamento che ha cambiato la vita in questa casa.

sono mulan ha detto...

Sono d'accordo con My ma solo in parte. Se il Nano fosse più piccolo forse il discorso fame sarebbe stato giusto ma, avendo, il tuo nano 13 mesi, se avesse fame te lo avrebbe fatto capire. La mia esprienza mi dice che arrivati ad una certa età, le sollecitazioni esterne li condizionano. Magari la loro testa é più avanti del loro corpo e non riescono a tasmettere quello che pensano e che vogliono.
Ieri per esempio, davanti alla vetrina, non poteva chiedere un cugé generale e forse é andato in tilt.
Portate pazienza il Nano si evolverà rapidamente

Anonimo ha detto...

il mio primo faceva qualcosa del genere, tra la costernazione dei genitori. Ora ha ventitre anni ed ha smesso :o) Porta pazienza...

Anonimo ha detto...

Anche Amelia aveva questo momento, tra le 18 e le 19, ma senza la regolarità del tuo. Dal momento che non ha mai sofferto di coliche gassose (che esistono, ma sotto tutt'altra forma), non ho pensato neppure per un istante che fosse quello. Non aveva nemmeno fame, e il ciuccio chissenefrega.
Credo che fosse davvero stanchezza, o tensione.
I suoi pianti sono poi cambiati nel tempo, ma un accenno di quel nervosismo prima di cena è rimasto sempre. Cambiano, per carità, ma non così tanto :-)